3 gennaio 1892: a Bloemfontein, Stato Libero d’Orange, nel Sudafrica allora conteso tra britannici e boeri di origine olandese, nasceva John Ronald Reuel Tolkien. Oggi dunque festeggiamo i 127 anni dalla nascita del nostro grande amico, del nostro maestro, del nostro scrittore preferito, con tutto il rispetto per tutti gli altri autori che leggiamo e amiamo.
In occasione di questo anniversario, che non segna una ricorrenza particolare, una pietra miliare nella storia del nostro, ma che noi comunque festeggiamo perché è il giorno in cui il nostro amico venne al mondo, vogliamo dedicargli un piccolo ricordo. Semplicemente un piccolo quadretto della sua infanzia, quei primi anni in cui -tra Africa e vecchia Inghilterra- si formò il suo fervido immaginario.
La famiglia Tolkien
J.R.R.T. era il primogenito di Arthur e Mabel, nata Suffield. Entrambi i genitori erano inglesi, originari dell’area di Birmingham. Il padre era un funzionario di banca che aveva colto una migliore opportunità di carriera accettando il trasferimento in Sudafrica. Qui, dopo un anno, era stato raggiunto dalla fidanzata Mabel, e i due si erano sposati nella cattedrale anglicana di Città del Capo. Dopo John, che tuttavia in famiglia veniva più comunemente chiamato col secondo nome, Ronald, nel 1894 nacque un altro figlio, Hilary.
J.R.R.T.fu sempre particolarmente interessato alle leggende sull’origine della famiglia paterna, raccontate in genere da una zia, Grace la quale sosteneva che il cognome Tolkien, di evidente origine tedesca, risaliva ad un cavaliere, Georg Von Hoenzollern, che aveva combattuto a fianco dell’arciduca Ferdinando d’Austria nell’assedio di Vienna del 1529, guadagnandosi nei combattimenti contro i turchi nei quali si era distinto il soprannome di Tollkuhehn, ovvero il temerario, un nome estremamente suggestivo. Tolkien il Temerario: uno strano grande Hobbit mite e pacifico ma con un cognome molto impegnativo! In realtà, con buona pace dei racconti della zia Grace, le interpretazioni più realistiche facevano risalire l’arrivo in Inghilterra della sua famiglia dalla Sassonia alla metà del XVIII, e per ragioni economiche.
La vita in Sudafrica
La vita della famigliola in Sudafrica trascorreva serenamente, anche se l’esistenza a Bloemfontein non era proprio l’ideale: il clima africano era decisamente inospitale per chi era cresciuto nella verde Inghilterra; inoltre Mabel era piuttosto insofferente nei confronti dell’atteggiamento razzista che vedeva praticato verso i nativi africani da parte dei boeri, (chissà se questo aspetto della storia familiare di Tolkien è noto ai suoi strumentalizzatori di estrema destra) così nell’Aprile 1895 decise di portare in vacanza i bambini in Inghilterra per conoscere la loro vera patria. Il piccolo Ronald conservò per tutta la vita il ricordo di quella partenza, di quell’addio, con il padre dai folti baffi e l’aria dolcemente severa che scriveva sui bagagli “A.R. Tolkien” (Athur Reuel) e la commozione dei suoi genitori al momento della separazione.
Ronald aveva solo tre anni, ma serbò con nitidezza per molto tempo le sensazioni negative lasciategli dall’Africa, il caldo opprimente e l’aridità, soprattutto. La nave SS Guelph sulla quale si era imbarcato lo stava portando a casa, nel suo vero mondo, a Birmingham. La gioia per la scoperta di quella terra verde, fresca e fiorita doveva tuttavia durare molto poco: alla fine di gennaio del 1896 arrivò da Bloemfontein la brutta notizia che un’improvvisa e grave forma di malattia, la febbre reumatica, aveva colpito Arthur. Mabel decise immediatamente di raggiungere il marito in Sudafrica. Ronald, felice di rivedere il proprio papà, dettò una letterina nella quale lo assicurava che avrebbe fatto fatica a riconoscerlo, visto che in quei mesi era diventato un grande uomo. La lettera, datata 14 febbraio, non venne mai spedita: prima che Mabel e i bambini potessero partire arrivò un telegramma che annunciava la notizia della morte di Arthur Tolkien.
Il trasferimento a Birmingham
Nei mesi seguenti Mabel decise di trasferirsi fuori Birmingham, in campagna. La morte del marito l’aveva lasciata in condizioni economiche piuttosto modeste, così trovò un piccolo cottage a buon mercato in cui andare a vivere con i bambini a sud della città, nei pressi del villaggio di Moseley, in una tranquilla località ove sorgeva un antico mulino che per tre secoli aveva macinato il grano: Sarehole. Il piccolo Ronald era finalmente arrivato a casa, e ancora di più, ora aveva un piccolo mondo in cui identificarsi, in cui radicarsi. Il vecchio mulino con le sue grandi pale, il mugnaio grande e grosso ricoperto di farina che il fantasioso bambino aveva soprannominato “l’Orco Bianco”, lo specchio d’acqua adiacente, le verdi radure, le colline fiorite e i grandi alberi cominciarono a formare, nella mente del piccolo Tolkien l’immagine della Contea, il luogo dove un giorno avrebbe collocato le avventure dei suoi piccolo eroi, gli Hobbit.
Ronald era un bambino desideroso di conoscere e imparare, e la madre, una donna volitiva, intelligente, dalla grande sensibilità artistica e dal profondo senso religioso, ne divenne volentieri la prima insegnante. Mabel aveva notato che il bambino nutriva un particolare interesse per le lingue, così incominciò ad insegnargli il francese – che Ronald però non apprezzava molto- e il latino, che viceversa conquistò immediatamente l’attenzione del piccolo. Ronald era affascinato dal mistero dei linguaggi, dalle parole e dalla ricerca del loro significato. Così era altrettanto conquistato dai termini dialettali, a lui sconosciuti, usati dai bambini del villaggio, tra i quali ce ne fu uno, gamgee, che significava bambagia, che tanti anni dopo avrebbe fornito il cognome ad uno dei più straordinari personaggi del Signore degli Anelli, lo hobbit Sam Gamgee.
L’interesse per la letteratura
Ronald cominciò presto a leggere, e Mabel gli diede naturalmente libri di fiabe, ma il bambino rivolse presto le sue preferenze ai racconti di avventura: dai pellerossa d’America, che ammirava particolarmente, alle leggende dei cavalieri del ciclo di Re Artù, che conquistarono il suo cuore. Tra i libri che lesse, o che si faceva raccontare dalla madre, i preferiti furono quelli dello scozzese George Macdonald, una delle più interessanti figure letterarie dell’epoca vittoriana, autore di fiabe e di racconti fantastici ambientati in antichi regni, ricchi di simbologia e intrisi di spirito religioso, e quelli di Andrew Lang, un giornalista appassionato di fantastico e mitologia che curò otto volumi di fiabe.
In questi Tolkien si imbatté in quella che definì la storia più bella che avesse mai letto: era quella dell’eroe nordico Sigurd che uccide il drago Fafnir. Davanti all’immaginazione del bambino si spalancarono delle prospettive straordinarie: quelle di un mondo fantastico, popolato da creature come i draghi. “Desidero i draghi con un desiderio profondo”, ebbe poi a commentare. Un mondo che conteneva creature simili doveva essere sicuramente più bello e affascinante del nostro.
Fu così che a sette anni cominciò lui stesso a scrivere i primi racconti che avevano per protagonisti dei draghi. Era l’inizio di una lunga storia di immaginazione, di subrcreazione, che un giorno sarebbe arrivata ad una straordinaria meta: Il Signore degli Anelli.
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