“Udun”, il sesto episodio della prima stagione de Gli Anelli del Potere, prometteva azione, e così è stato, azione sontuosa, grazie alle capaci mani di Charlotte Brandstrom, forte della sua esperienza come regista di Outlander. Ma la puntata è stata molto altro, e va a toccare temi portanti dell’intera poetica tolkieniana, in maniera problematica e con grande coraggio.
Ma vediamo più approfonditamente.
Gli Orchi guidati da Adar assaltano il villaggio di Tir-Harad, dopo aver visto che la torre elfica è vuota; qui assistiamo ad una illusoria vittoria per Arondir, Bronwyn e gli Uomini delle Southlands, perchè Adar spedisce in avanti i sacrificabili, cioè gli stessi Uomini del Sud passati dalla sua parte, assieme a qualche Orco: una scena che sa tanto di Grande Guerra, quel conflitto che Tolkien ha provato sulla sua pelle.
Da sottolineare, prima della battaglia, una notevole scena tra Arondir e Bronwyn, nella quale i due si giurano amore parlando ancora una volta dei fiori di alfirin. Arondir le ricorda che dopo la vittoria pianteranno i semi assieme, e che uno dei Valar protegge le piante e tutto ciò che a che fare con la cura della terra: un abile e delicato riferimento a Yavanna Kèmentari, la Signora della Terra.
Poi, il grosso dell’esercito arriva, e assediano i superstiti: tra di loro c’è Bronwyn ferita ad una spalla, e assistiamo ad una scena di grande impatto e crudezza, con la donna che mostra grande coraggio mentre Arondir e Theo le cicatrizzano la ferita: la cosa che colpisce, in queste scene, è come la serie sia riuscita a rendere il terrore delle persone che hanno a che fare con gli Orchi: perchè non hanno mai visto prima queste genti, e il terrore è autentico, e arriva fino a noi.
Alla fine, Theo, per salvare la madre gli altri, che cominciano ad essere uccisi in maniera a dir poco crudele, cede la spada che Adar stava cercando. Ma stanno arrivando i “nostri”, diciamo così, ciòè i Numenoreani, non prima di alcune rapide e significative scene mentre stanno navigando verso la Terra di Mezzo, nelle quali vediamo un bel confronto tra Galadriel e Isildur ( un Maxim Baldry sempre più convincente): per Isildur quel viaggio non è un cercar gloria, ma quasi una fuga, perchè la vera Numenor “non esiste più, se mai è esistita”. Isildur è decisamente uno dei Fedeli! Ma Galadriel risponde che una volta “è esistita”, e dalle sue parole traspare dolore, rimpianto e senso di Antichità: lei ha visto molto, e cerca di infondere coraggio al ragazzo, ricordandogli che la vera Nùmenor è comunque nel cuore “di stallieri coraggiosi”. Galadriel conforta Isildur, e gli dà speranza per il futuro.
Poi, la Terra di Mezzo si mostra ai naviganti, e Isildur rimane abbacinato dalla bellezza delle coste, proprio come Aldarion nei Racconti Incompiuti, ma non c’è tempo per indugiare: bisogna salvare la gente delle Southlands. E così avviene: la potenza dei Nùmenoreani non sarà mai raggiunta da nessuno, nella Terra di Mezzo, e le scene della loro rapida vittoria su Orchi che non sanno combattere in campo aperto si rifanno alle descrizioni di Tolkien sulla loro ineguagliabile forza.
La battaglia è rapida, ma ben girata, al netto delle acrobazie di Galadriel, forse un pò troppo “spinte”, ma comunque efficaci, mentre Arondir mostra bene come combatte un Elfo Silvano: agile, rapido e che non disdegna di soffrire prima di vincere.
Poi, Galadriel e Halbrand catturano Adar, che sembra quasi “riconoscere” l’Uomo, anzi pare per un attimo averne paura… ma forse gli sceneggiatori stanno volutamente depistando. Halbrand prova odio per l’Elfo- ha ucciso qualcuno che amava, è evidente- e vorrebbe ucciderlo, ma Galadriel gli ricorda che “non si può soddisfare la sete bevendo acqua di mare”. Qui Galadriel sembra aver posato per un attimo il rancore e la rabbia, ma Adar la metterà alla prova. Il duetto tra i due, infatti, mentre lei lo interroga, è il momento più alto di questa notevole puntata, un momento che va al cuore del tema che più ha angustiato Tolkien per tutta la vita: il problema degli Orchi. Tolkien, fino all’ultimo, stimolato anche da confronti con colleghi e lettori- come W.H Auden- cercò di trovare un modo per conciliare la sua fede cristiana, per la quale tutti sono figli dio, con l’evidente perversione della razza degli Orchi. Problema complesso, che gli sceneggiatori della serie decidono di affrontare con coraggio e con atteggiamento problematico, perchè, quando Galadriel, pervasa da disprezzo e odio per quegli Elfi che, come sappiamo dal Silmarillion, vennero catturati da Morgoth e tramutati in Orchi ( la serie conia anche un parola per definirli, Moriondor, Figli dell’Oscurità), Adar replica: “Siamo tutti figli dell’Uno (…) anch’essi ( gli Orchi) hanno un cuore e un nome“. Adar sembra davvero “voler bene” ai suoi Orchi, benchè poi li usi per i suoi scopi; e dice di averli salvati da Sauron quando questi, per dare un nuovo ordine alla Terra di Mezzo dopo la caduta di Morgoth, nel Nord sacrificò tanti Orchi per raggiungere oscuri poteri dell’Ombra, attraverso sacrifici di sangue. Questa è naturalmente una interpretazione della serie, che parte però da reali parole di Tolkien, che nel SIlmarillion racconta dei propositi inizialmente “buoni” di Sauron quando questi “s’avvide che i Valar s’erano nuovamente dimenticati della Terra di Mezzo”. Buoni propositi con pessimi metodi, sembra suggerire la serie, e non è un’interpretazione così fuori luogo, anzi.
Adar, inoltre, provoca Galadriel, accusandola di fatto di essere come quelli a cui dà la caccia; ovviamente il sangue caldo dei Noldor provoca danni, ma Adar non è un personaggio “buono”, questo non va dimenticato, e ogni sua parola è fatta per avvelenare l’animo dei suoi nemici.
Ci riesce, perchè Galadriel vorrebbe ucciderlo, ma Halbrand la frena. Seguono festeggiamenti per la vittoria, ma ecco arrivare il finale, con un colpo di scena spettacolare e mozzafiato, che farà discutere- questa serie divide, bisogna rassegnarsi- ma che è funzionale alla trame e azzeccato: Waldreg, a cui è stata affidata la spada da Adar prima dell’attacco- ed è per questo che nessuno si accorge dello scambio, anche se può sembrare un elemento debole della puntata- e costui inserisce la spada in un pozzo, provocando così l’invasione delle acque, che scorrono anche sottoterra, fino ad arrivare alla grande montagna… che altri non che il Monte Fato, che comincia ad eruttare lava, che cade sul villaggio e travolge tutto e tutti.
Che accadrà nella prossima puntata? Quanti superstiti ci saranno? Non ci resta che attendere, ma una cosa è chiara: questa puntata ha fatto fare un grande salto di qualità alla serie, e il finale di stagione si preannuncia davvero emozionante.
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