Una delle più potenti tecniche narrative create dall’arte dell’affabulazione è la costruzione della ferita.
Come scrive Dara Marks affrontare il nostro punto debole, la nostra stessa caduta “richiede un atto di vero coraggio. Solo in questo modo non finisce la storia, ma inizia un vero eroismo”.
Elendil, nell’ultimo, affronta le sue paure e così facendo spicca il volo verso l’empireo dell’eroe.
Un eroe è colui che, posto di fronte una scelta irreversibile sceglie la più difficile, per questo la più giusta.
La Scelta
La scelta, dal punto di vista narratologico, è il grimaldello col quale far emergere il personaggio. La scelta presenta, senza descriverlo con delle parole didascaliche, il personaggio per quello che è essendo connotativa.
Provo a spiegarmi.
Trovare un portafoglio per terra genera nel soggetto che lo trova (nel personaggio) una spinta esterna che apre una forbice di scelta tra: restituire il portafoglio/tenersi il portafoglio.
Scegliere di restituire o meno il portafoglio descrive, senza spiegazione didascalica (e secondo la tecnica dello show don’t tell) il personaggio.
In un caso abbiamo un personaggio onesto, nel caso opposto un disonesto.
E nel caso di Elendil? Che scelta deve compiere e che pressione imprime su di lui?
La scelta di Elendil corre, senza continuità, tra il piegare il capo, di fronte il potere corrotto e così facendo avere salva la vita; e il perdere la vita rimanendo tuttavia retti di fronte i propri principi morali.
La scelta è impossibile, è difficile, non è banale, ma è proprio per questo che è efficace rendendo il personaggio memorabile. Elendil è un eroe perché sceglie di rimanere fedele ai propri principi sacrificando la sua esistenza.
La scelta in questo caso è una scelta dolorosa che genera frattura.
Fatal flaw
La frattura in Elendil viene costruita attraverso il fatal flaw.
Se il fatal flaw, vale a dire la ferita fatale, inchioda il personaggio al passato, cioè entro i confini del suo nido sicuro e accogliente e routinante; Elendil, opponendosi ad Ar-Pharazôn esce dalla propria comfort zone e affronta il futuro, o meglio il ferale destino che lo attende avendo scelto di sacrificare sé stesso.
I temi affrontati da Elendil sono molteplici, fedeltà, amor patrio, amore familiare, giustizia. Non è un personaggio superficiale, ed è per questo che, insieme a lui, viviamo gli stessi sentimenti. Quando punta il dito indice contro il vero usurpatore e infedele (Ar-Pharazôn) noi partecipiamo al medesimo slancio emotivo. È una scena potente ed emozionante.
La tensione emotiva è palpabile, poiché Elendil rifiuta la tentazione della grazia, che richiederebbe di tradire i suoi valori più profondi.
Il suo “Non è affatto una grazia chiedere a un uomo di gettare la sua integrità alle fiamme” è una dichiarazione assoluta che sottolinea uno spiccato senso di onore e l’irreversibilità della sua scelta. La risposta alla figlia, “Se dopo tutto questo per te è orgoglio, allora tra di noi non ci sono più parole per parlare“, è altrettanto potente, poiché segna la frattura tra due visioni del mondo, tra l’ordine morale di Elendil e il pragmatismo della figlia.
Questo apre un altro elemento narrativo di grande potenza che porta al massimo grado di fulgore l’eroismo di Elendil, rendendo la trama sommamente interessante: il dilemma di Antigone.
Elendil come Antigone
Antigone si rifiuta di obbedire alla legge dell’uomo che vietava la sepoltura del fratello, dichiarando di preferire di essere fedele “alle leggi non scritte, ma infallibili degli Dei”; alla coscienza che le comandava di rendere pietà al fratello defunto.
Qui Elendil rifiuta i “decreti” di Pharazôn per scegliere la giustizia morale.
Nella tragedia di Antigone e Creonte si scorge il seme primordiale dell’antagonismo tra l’autorità della legge e una norma estranea, che non può essere ridotta a un semplice confronto.
Da tale narrazione emerge lo scontro tra due principi di diversa essenza, i quali, una volta messi a confronto, generano un conflitto insanabile.
Hegel osserva come, in questa vicenda, si delinei una duplice verità, che porta con sé un duplice errore. Il gesto di Antigone, pur essendo un atto di ribellione giustificato da un ordine più alto e volto alla difesa di un bene superiore, diventa allo stesso tempo una sfida a un potere che, privato di giustificazione, appare ormai privo di scopo. In questa disputa si manifesta per la prima volta un limite che sfugge alla presa della norma e che non può essere contenuto né regolato dal potere delle leggi.
Elendil in Tolkien
Epperò noi siamo portati a parteggiare per Elendil perché sentiamo giusta (e nostra) la sua scelta.
Questo dramma brucia intensamente tra le pagine di Tolkien.
Ne “La strada Perduta e altri scritti” a pag. 90 leggiamo il seguente passo.
“La casa di Eärendil ha la mia fedeltà finché vivo. Ma se devo scegliere tra Sauron (ergo il re) e Manwë, allora tutto il resto viene dopo. Non mi inchinerò a Sauron (rectius, il sovrano soggiogato da Sauron), né al suo padrone.”
Ecco il mito di Antigone che si ripropone; tale e quale lo ritroviamo nella Serie!
E ancora:
“Io sono un condottiero, figlio mio. E ho messo in conto il pericolo sia per me che per te e per tutti coloro che amo. Faccio ciò che è giusto e che è mio diritto, ma non posso più celartelo. Devi scegliere tra tuo padre e Sauron. Ma ti lascio libertà di scelta e non ti impongo l’obbedienza filiale, se non ho convinto la tua mente e il tuo cuore“
Questo è il discorso che si drammatizza tra Elendil e la figlia.
I due dialoghi esplorano temi profondamente simili, legati al confronto tra integrità personale, dovere morale e libertà di scelta.
Entrambi i personaggi, Elendil e il condottiero (padre di Herendil, l’Elendil dei testi), pongono l’accento sulla necessità di seguire un principio superiore, al di là delle conseguenze personali o familiari. In entrambi i casi, il padre rifiuta di compromettere i propri valori fondamentali, anche di fronte a un apparente pragmatismo o a una tentazione.
1. Integrità e Lealtà ai Valori:
Elendil rifiuta la “grazia” poiché la vede come un tradimento della propria integrità, affermando che “Non è affatto una grazia chiedere a un uomo di gettare la sua integrità alle fiamme”. Allo stesso modo, il condottiero di Númenor, pur consapevole del pericolo a cui espone se stesso e il figlio, ribadisce che “Faccio ciò che è giusto e che è mio diritto”. In entrambi i casi, i padri rifiutano qualsiasi compromesso che metta in dubbio il loro senso dell’onore e della giustizia.
2. Sacrificio Personale per un Bene Superiore:
Sia Elendil che il condottiero mettono in gioco la propria sicurezza per mantenere fedeltà ai loro principi più elevati. Elendil è disposto a sacrificare il rapporto con sua figlia pur di non cedere al compromesso morale, e il condottiero, similmente, dichiara di aver “messo in conto il pericolo” per amore dei suoi cari e per la giustezza della sua scelta, ponendo la fedeltà a Manwë sopra a quella a Sauron.
3. Libertà di Scelta e Rifiuto dell’Obbligo Filiale:
Entrambi i dialoghi lasciano spazio alla libertà individuale dei figli, ma non senza una chiara presa di posizione morale da parte del padre. Il condottiero di Númenor, pur chiedendo al figlio di fare una scelta, non impone “l’obbedienza filiale”, invitando il figlio a decidere con la propria mente e cuore. Allo stesso modo, Elendil accetta la possibilità che il suo punto di vista non venga condiviso, ma lo fa ponendo una distanza incolmabile: “Se dopo tutto questo per te è orgoglio, allora tra di noi non ci sono più parole per parlare”. In entrambi i casi, i padri concedono ai figli la libertà di scelta, ma chiariscono la frattura morale che deriverebbe da una decisione diversa dalla loro.
4. La Tensione Emotiva tra Padre e Figlio:
In entrambi i dialoghi si avverte una forte tensione emotiva. La frattura tra Elendil e sua figlia è netta, poiché i due non riescono più a comunicare a causa delle loro divergenze etiche. Allo stesso modo, il dialogo tra il condottiero e Herendil è carico di tensione e affetto: il padre non vuole imporre nulla al figlio, ma allo stesso tempo è consapevole che questa decisione potrebbe dividerli.
In sintesi, i due momenti esplorano le stesse questioni fondamentali: la fedeltà a un ordine morale superiore, la libertà di scelta e il sacrificio personale che ne deriva. Entrambi i padri si trovano a confrontarsi con il pericolo che le proprie convinzioni causino una frattura irreparabile con i propri figli, eppure accettano il rischio, mettendo l’onore e la giustizia sopra ogni altra cosa.
Ma non è tutto.
Elendil a confronto con Ar-Pharazôn
Elendil, sia nella serie che nel romanzo, è l’opposto di Ar-Pharazôn.
Ar-Pharazôn è un uomo corrotto, ambizioso, miope, che fa strame della giustizia per inseguire le sue manie di potere e di forza.
Pantopóros áporos: “colui che è capace di percorrere tutte le vie” e allo stesso tempo “privo di una via”. Se la prima proposizione rappresenta la tecnica, la seconda indica la mortalità. Più si accresce la felicità legata all’incremento di potenza più cresce l’angoscia per la sua possibile perdita.
La volontà di dominio (quella che affligge Ar-Pharazôn) in cui consiste la tecnica è desiderio di immortalità (il fine cui ambisce Ar-Pharazôn), volontà di imporsi sul Tutto (Tutta Arda). In questo caso l’immortalità non è più una grazia di Dio, ma è una conquista dell’uomo. Questo significa uccidere Dio (che è l’intento ultimo di questo ultimo sovrano di Númenor che gli risulterà fatale).
Elendil è invece l’esatto opposto. Egli è disposto a morire per la giustizia divina, mentre Pharazôn no.
Elendil non vuole dominare, Pharazôn sì.
Ed ecco che la serie compie un gesto da maestro, una raffinatezza, nel mostrarci i due a confronto.
Attraverso Ar-Pharazôn che è il negativo, vediamo il positivo: Elendil e la sua luce.
L’episodio sei, tra gli altri pregi (e qualche sbavatura) ha il merito di elevare la figura di Elendil con cui noi tutti possiamo empatizzare.
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