The War of The Rohirrim si inserisce nel solco della Terra di Mezzo Jacksoniana, e difatti il film è pieno di riferimenti espliciti: dalla voce di Eowyn ( Miranda Otto) che racconta la storia di Hèra-la figlia di Helm che nell’Appendice A del Signore degli Anelli è senza nome- alle continue e reiterate citazioni di momenti storici della trilogia ( “crebain dal Dunland”, “morte!”, “Rohan risponderà”). Il tutto, però, è destinato a far discutere, perchè sono citazioni di fatto appiccicate a un contesto completamente diverso dalla fine della Terza Era: siamo nel 2758 di quell’Era, e le situazioni non possono essere le stesse ( vedi gli improbabili Olifanti a Rohan). Una scelta fatta, come detto, per attirare il pubblico con l’effetto nostalgia, ma il risultato è la scarsa originalità.
Il cuore della storia diventa così Hèra, la figlia di Helm, dipinta come una anticipatrice di Eowyn, e indubbiamente il personaggio riscuote simpatia e interesse, anche perchè ben costruito il suo rapporto con la dama di compagnia Olwyn, nel film dipinta come l’ultima del clan delle guerriere di Rohan che “difendono la terra quando non c’è più nessuno a farlo”: elemento aggiunto dal film ma che, a differenza dei riferimenti nostalgici, funziona bene perchè ricorda la guardia del corpo tutta al femminile di Haleth, la Signora degli Haladin del Silmarillion.
Il film scorre bene, è di certo un buon intrattenimento, ma a spese della complessità di questa vicenda narrata da Tolkien e della caratterizzazione dei Dunlandiani, dipinti come totalmente cattivi e di fatto con nessuna ragione di lagnanza verso i Rohirrim. In Tolkien le cose però erano molto più complesse, perchè Rohan sorse su terre che i Dunlandiani rivendicavano, e i torti e le ragioni, nella loro lunga storia, non sono tutti da una parte ( e Saruman avrà buon gioco nello sfruttare “l’antico odio”).
Il personaggio che subisce i maggiori effetti di depotenziamento dei Dunlandiani è proprio il villain della vicenda, Wulf, che, dopo un promettente inizio- un flashback di lui ed Hèra amici- viene ridotto ad un cattivo abbastanza assoluto, dominato dall’odio e dalla cieca vendetta, con due cruciali deviazioni dalla vicenda narrata nell’Appendice A del Signore degli Anelli: dopo la morte del padre Frèca- della cui rivendicazione al trono in quanto supposto discendente del Re Frèawine nel film non c’è traccia- sguaina la spada per uccidere Helm, mentre in Tolkien questo non avviene e il Re dichiara nemico pubblico lui e tutti i suoi parenti dando loro la caccia in maniera proditoria; l’uccisione a sangue freddo di Hàma, secondo figlio del Re, in maniera barbara e fedifraga, mentre nel libro è Hàma che disobbedisce a Helm, e tenta una sortita durante il Crudele Inverno perdendosi per sempre.
Insomma, l’intento è quello di semplificare, ma è chiara la banalizzazione del personaggio, che pare più un cattivo “classico” di alcune saghe fantasy piuttosto che un personaggio di Tolkien.
Inoltre, gli stessi nemici di Rohan non sono chiarissimi: certo, ci sono i Dunlandiani, ma erano presenti anche dei “nemici di Gondor” che vivevano vicino a Rohan, mentre qui tutto viene lasciato non detto, e la dicitura “Uomini Selvaggi” dice tutto e niente.
Comunque, se ci si accontenta, la storia scorre e la parte migliore riguarda sicuramente l’apparizione di Helm come “spettro”, teso alla disperata vendetta.
Un momento davvero efficace, l’unico davvero fedele al testo, che abbia realmente emozionato chi scrive, assieme alla morte di Haleth e Hama, figli de Re, personaggi ben scritti che meritavano più spazio.
Helm, comunque, è un personaggio che qui viene dipinto abbastanza ottuso: ostinandosi nel disprezzo di Wulf, commette troppi errori, come l’esilio del nipote, risoluzione davvero troppo esagerata. Una variazione di trama sicuramente fatta per creare il colpo di scena finale, ma che non mi ha troppo convinto, anche perchè troppo schiacciata sul rapporto Eomer-Thèoden.
La scena finale, tra l’altro, porta con sè un grande problema di coerenza con i testi di Tolkien: le belle scene di Hèra con l’Aquila delle Montagne diventano il pretesto per far sì che le Aquile intervengano in una lotta tra Rohan e Dunland, cosa davvero incoerente con la funzione delle Aquile nella Terra di Mezzo: inviate da Manwe, esse agiscono solo nei momenti “escatologici”, quando cioè i figli di Eru si trovano- o causano- situazioni in cui viene messo in causa il rapporto con Eru stesso, o la sorte del mondo. E non è certo questo il caso: anche questa scelta è figlia dell’effetto nostalgia dei film, ma stride molto con la logica del mondo di Tolkien.
Infine, il personaggio di Frèalaf, il cugino e futuro Re, è quello che crea maggiore empatia, perchè senti in lui calore e nobiltà: peccato che abbia uno spazio ridotto e soprattutto gli venga tolta l’impresa della riconquista di Edoras- nient’affatto distrutta nei libri- e l’uccisione di Wulf in duello: questo lo rende un comprimario, benchè il rapporto tra lui ed Hèra sia una delle cose migliori del film.
Insomma, quale bilancio trarre dal film? Si può notare una certa fretta in questa operazione, che riduce di molto le cose buone che ci sono- soprattutto Hèra, Olwyn e Hàma- per consegnarci un’operazione nostalgica che non può soddisfare molto. Un film che lascia una sensazione agrodolce, per ciò che poteva essere e non è stato.
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