“Conserva nel tuo cuore la tua hobbitudine, e pensa che tutte le storie sono così quando ci sei in mezzo. Tu sei dentro una storia molto grande!”
J.R.R. Tolkien
Così scriveva J.R.R. Tolkien nel 1944 al figlio Christopher mentre questi si avviava alla guerra. Uno strano saluto da parte di un padre: non le consuete raccomandazioni di un genitore a un figlio sotto le armi, ma l’invito appassionato a conservare in sé, a dispetto di tutti gli orrori che avrebbe presto incontrato, la propria hobbitudine ovvero, coraggio, determinazione, umiltà, attaccamento al bene, rifiuto del male, compassione, tutto ciò, insomma, che costituisce l’identità di un vero hobbit.
Al termine della sua vita terrena, conclusasi lo scorso 16 gennaio nella cittadina provenzale di Draguignan, dopo 95 lunghi anni di vita, chissà se Christopher avrà ricordato queste parole di suo padre, scritte con tutto il grande cuore di John Ronald Tolkien.
Hai conservato la tua Hobbitudine, Christopher? Non lo sappiamo. Non possiamo entrare nella tua coscienza, nel tuo cuore.
Hai vissuto tutta la vita all’ombra imponente di tuo padre, hai cercato di seguirne le orme, sei stato il custode della sua gigantesca opera, da cui hai centellinato nel corso degli anni quei testi che man mano hai portato alla luce, dal Silmarillion alla History of Middle-Earth, dai testi critici alla Caduta di Artù, il poema incompiuto che rivelava quanto fossero stati importanti per Tolkien i miti arturiani.
Christopher era nato nel 1924 a Leeds, terzogenito di John Ronald ed Edith, durante il periodo in cui il padre si era trasferito a lavorare nella locale Università. In seguito Tolkien lasciò lo Yorkshire per tornare nell’amata Oxford, che fu anche l’Alma Mater di suo figlio. A differenza dei fratelli maggiori, dato che il primogenito John Francis divenne sacerdote e il secondo, Michael, insegnante e poi preside di Scuole superiori, Christopher intraprese i primi passi nella carriera accademica, diventando Lecturer
Non raggiunse tuttavia titoli più importanti. A soli ventun anni, appena ritornato dalla Guerra, dove aveva servito come ufficiale della Royal Air Force, venne chiamato dal padre a far parte degli Inklings, di cui diventò il membro più giovane. Potè quindi partecipare a quelle riunioni che si svolgevano settimanalmente al Bird and Baby, il nome “in codice” del piccolo pub Eagle and Child animate da suo padre, da Clive Staples Lewis e altri, tra cui Owen Barfield e Charles Williams fino alla sua morte avvenuta proprio nel 1945.
Christopher potè dunque vedere nascere la grande saga dell’Anello, e quella di Narnia dell’amico Lewis. Potè partecipare a discussioni, potè entrare a fondo nel mondo della Terra di Mezzo. Non a caso, quando mise mano al vastissimo materiale del padre, bozze, appunti, versioni diverse delle stesse storie, non potè che chiamare questo lavoro History of Middle-Earth.
Il nome di Christopher divenne celebre quando nel 1977 curò la pubblicazione del Silmarillion, l’”opus magnum” cui suo padre aveva lavorato per tutta la vita, senza riuscire a trovare la quadratura finale del cerchio, la versione da dare alle stampe. Ci pensò dunque Christopher, operando scelte personali.
Da allora- come si diceva- il terzogenito di Tolkien assunse pienamente le funzioni di erede, un compito peraltro cui era stato designato, un compito che ha esercitato fino alla fine, guidando fino a pochi anni fa la Tolkien Estate.
Le sue prese di posizione, a partire dalla Trilogia cinematografica di Peter Jackson, hanno spesso fatto discutere. Il suo giudizio sui film fu dall’inizio negativo, e su questo arrivò a scontrarsi apertamente col suo figlio primogenito, Simon, che invece aveva dato a Jackson una fiduciosa apertura di credito. I rapporti tra Christopher e Simon- peraltro, non sono mai stati buoni. Christopher nel 1964 si separò da sua moglie, la scultrice Faith Faulconbridge, per iniziare una relazione con Baillie Klass, una giovane canadese che era stata per un certo tempo segretaria del Professore. Una vicenda che ferì profondamente J-R.R. Tolkien, un uomo saldo nei valori tradizionali della famiglia. Ferì profondamente anche il piccolo Simon, che una volta cresciuto evocò questa sofferenza nel suo splendido romanzo Giallo, Il testimone bambino. Simon sembra essere il Tolkien che ha maggiormente ereditato il talento del nonno. Dopo essersi scontrati come detto sulla questione dei film di Jackson, i due Tolkien hanno avuto modo di riconciliarsi negli ultimi anni: un finale commovente, che sarebbe piaciuto al Maestro di Oxford.
La vita di Christopher è stata dunque, come quella dei personaggi dell’opera di suo padre, contrassegnata da luci e ombre, da hobbitudine e da cedimenti alle seduzioni dell’Anello. E’ stato custode dell’opera paterna, ma non ne ha ereditato il genio narrativo; è stato un buon studioso, ma non riuscì a intraprendere una carriera di docente; era stato allevato nella intensa e profonda fede cattolica di suo padre e di sua nonna che per questa fede aveva sacrificato la vita, ma era scivolato nel tradimento e nel peccato. Ad un certo punto aveva anche deciso di lasciare quell’Inghilterra tanto amata da J.R.R. Tolkien, e trasferirsi in Costa Azzurra, in un esilio dorato.
No: Christopher non è stato un hobbit. E’ stato un umano, un numenoreano, con grandi doti ed uguali difetti.
Noi gli esprimiamo gratitudine per quanto ha fatto per dilatare la conoscenza dell’opera di suo padre, e gli auguriamo di fare un buon viaggio per Valinor, dove potrà riabbracciarlo, insieme ai suoi fratelli, a padre Francis, a Jack Lewis e a tutti coloro che gli sono stati cari.
Paolo Gulisano
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