Il secondo episodio della seconda stagione de Gli Anelli del Potere prosegue con la stessa intensità, ritmo e qualità di scrittura del primo, anche se il piano degli eventi iniziale ora cambia scenario temporale: non più un flashback su Sauron, bensì uno squarcio di vita quotidiana dei Nani a Khazad-dum, con una bellissima visuale su tutti gli ambienti nanici, che ci porta nel cuore di un rigoglioso mercato, nel quale Disa e Durin IV fanno la… spesa, travolti dalla caduta in disgrazia di Durin, diseredato dal padre alla fine della prima stagione.
Un intermezzo apparentemente divertente, che però mostra la “caduta dell’orgoglio” di Durin, aspetto tipico di alcuni personaggi tolkieniani ( Isildur nei Racconti Incompiuti, per esempio). Disa spinge il marito a rappacificarsi, ma i Nani sono gente orgogliosa, e ci vorrà un grande sforzo di umiltà: i due si rappacificheranno, alla fine della puntata, in una scena molto commovente, nel quale vediamo i due temi dell’orgoglio e dell’umiltà, centrali nel pensiero di Tolkien, duellare finchè Durin IV andrà incontro al padre, perchè l’amore è più forte.
Non meno interessante, benchè con un ritmo a volte più rallentato, riguarda gli eventi del Rhun, dove vediamo Nori, Poppi e lo Stregone avanzare a fatica nei deserti mentre a Caras Gaer, il tempio del culto in onore di Sauron, lo stregone “dark” interpretato da Ciaran Hinds viene a sapere della presenza dei tre viaggiatori dai cacciatori Esterling e decide di dar loro la caccia. Questo stregone, dal modo in cui si pone, sembra escludere l’identità con Saruman, dato il suo carattere già malvagio, cosa che Saruman in questo momento non è; molto più probabile l’identificazione con uno dei due Stregoni Blu, dato che è Tolkien stesso a rammentarci, nelle Lettere, che furono i Blu, o almeno uno di loro, a istituire nella Seconda Era, culti Sauronescchi; ma non è da escludere che siamo di fronte al più importante dei futuri Nazgul, il Re Stregone: come ricorda Gandalf nel Signore degli Anelli, “grande re e stregone era stato in passato”. Il resto della stagione permetterà di far luce su queste vicende.
Il cuore della puntata, però, riguarda gli Elfi. Nella prima parte della storyline che li riguarda sono Galadriel e Gil-Galad a spiccare, mentre discettano del “metodo” di Sauron per dominare gli altri, e Galadriel coglie bene il punto del problema: Sauron è diverso da Morgoth, preferisce il controllo delle menti alla forza, come spiega Tolkien in Morgoth’s Ring, e benchè il Re la rassicuri, l’intuizione di Galadriel si rivelerà giusta: Sauron sfrutterà l’idea degli Anelli per farne altri. La futura Dama è appena reduce da una vivissima e terrificante visione premonitrice, in un incubo su sfondo rosso, nel quale sentiamo la voce del Nemico pronunciare i versi della Poesia dell’Anello che riguardano i Sette e i Nove e in cui vediamo un Celebrimbor devastato e torturato.
Sogno o realtà? Non resta che attendere, ma intanto la paura di quel futuro avvolge il cuore della Dama, come sempre interpretata magistralmente da Morfydd Clark.
Il culmine della puntata però, è in Eregion, dove Sauron, sotto forma di Halbrand, instilla veleno nelle orecchie di Celebrimbor e lo convince a fidarsi di lui, nonostante le avvertenze di Galadriel, colpendolo- anche qui- nell’orgoglio: gli Elfi stanno facendo funzionare i Tre- Sauron tira a indovinare, ma era prevedibile, conoscendo l’abilità di Celebrimbor- e altri si stanno godendo il frutto delle sue fatiche. Celebrimbor, però, come prima reazione, si commuove e piange, ed è davvero un momento mirabile della puntata, a cui seguirà l’apice della stessa: Sauron si rivela come Annatar- e pronunciando questo nome si conferma una volta di più quello che diciamo, e cioè che la serie può accedere a tutti i testi di Tolkien– in una visione celestiale, come un angelo sceso dal cielo, e Celebrimbor si inginocchia di fronte a lui. Una scena magistrale, arricchita dalle parole che Annatar- un eccellente Charlie Vickers- pronuncia, che sono la resa in discorso diretto delle parole di Tolkien nei Racconti Incompiuti: “emissario dei Valar” e “sono venuto a darti manforte”: lo scopo, dice, è rendere più bella la Terra di Mezzo coinvolgendo il migliore di tutti, “Il Signore degli Anelli”: così Sauron apostrofa genialmente Celebrimbor, mentre l’Elfo sussurra terrorizzato e meravigliato “Il Signore dei Doni”. Un momento di altissimo livello.
Il grande inganno può iniziare: tutta la scena riprende fedelmente ciò che ha scritto Tolkien, e porta la puntata a grandi vette, ma non sono da meno gli altri due momenti che vorrei infine segnalare: il disperato canto di Disa e delle sue colleghe “cantatrici” alla Montagna che purtroppo non risponde, e che anzi “spegne” le luci di Khazad-dum, portando oscurità anche ai Nani, e il bellissimo dialogo ai Porti Grigi tra Cìrdan ed Elrond, nel quale il vecchio Elfo convince il giovane Mezzelfo a capire che l’uso dei Tre Anelli non per forza è malvagio, perchè, se Sauron può cercare di avvicinarsi alle menti dei Portatori, essi sono comunque i migliori amici di Elrond, e hanno bisogno del suo aiuto, perchè comunque la mano di Sauron non ha toccato quegli Anelli. Il dilemma degli Elfi qui è in piena luce, e la strada da scegliere è davvero dura; ma Cìrdan ricorda ad Elrond, che non bisogna giudicare chi fa qualcosa, ma la cosa che viene fatta, e valutare di conseguenza, e qui infila un riferimento a famosi scrittori della Terra di Mezzo, Daeron del Silmarillion e addirittura Rùmil dei Racconti Perduti, che non erano proprio perfetti ma che hanno comunque lasciato qualcosa al mondo.
La serie continua a dialogare con Tolkien con grande coraggio e fedeltà, unendo i puntini della Seconda Era, con abilità e qualità, portandoci sempre più addentro gli Anni Neri, nel cuore della mitologia tolkieniana.
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