L’Incidente Scatenante e l’Equilibrio del Racconto

Robert McKee, sull’incidente scatenante, ha osservato quanto segue: “l’incidente scatenante DEVE sconvolgere radicalmente l’equilibrio delle forze nella vita del protagonista”.

Questo perturbamento si verifica allorquando un evento irrompe nella quotidianità di una persona, sconvolgendo il bilanciamento esistenziale che aveva, orientando la sua esistenza verso un nuovo ordine, sia esso positivo o negativo.

Nella serie Gli Anelli del Potere questa dinamica viene sapientemente orchestrata. La narrazione gioca sul confine tra valori opposti, con ogni atto che segna un cambiamento, piccolo o grande, nelle vite dei personaggi.

La Sinfonia degli Atti

Così come una sinfonia si dispiega in movimenti distinti, la storia si dipana in atti, ciascuno dei quali rappresenta una parte fondamentale della macrostruttura narrativa. Questi atti sono composti da scene, costruite a loro volta da “beat” che alterano i comportamenti e i valori dei personaggi. Ogni scena rappresenta un punto di svolta, spostando l’ago della bilancia tra positivo e negativo. Le sequenze di scene portano a svolte più rilevanti, che a loro volta culminano in grandi ribaltamenti nel contesto dell’atto in cui si trovano.

Il Tempo e i Punti di Svolta

Aristotele, nella sua Poetica, sottolinea l’importanza della proporzione tra la lunghezza di una storia e il numero dei suoi punti di svolta. Più lunga è la storia, più punti di svolta sono necessari. Seguendo questo principio, una narrazione breve può essere composta da un solo atto, sufficiente a raccontare una storia completa in pochi minuti. Un racconto breve, una sitcom come Black Comedy di Anthony Shaffer e Miss Julie di August Strindberg, o una novella possono sostenersi su due atti, ma per una narrazione di maggior respiro, come un lungometraggio o un episodio televisivo, sono necessari almeno tre atti.

McKee ci invita a riflettere su questo punto con una suggestiva immagine: “Se ti dedico ore importanti della mia vita, voglio che tu sia un artista con il potere di farmi giungere ai limiti dell’esperienza.” La struttura tripartita, quindi, non è una mera convenzione, ma una necessità narrativa per soddisfare la sete del pubblico di un’esperienza profonda e completa.

La Struttura Complessa di un Episodio

Il primo episodio de “Gli Anelli del Potere” segue questa logica, articolandosi in un prologo corposo e dieci atti significativi, ognuno dei quali atti segna una svolta cruciale nella narrazione. In ciascuno, vengono inseriti uno o più incidenti scatenanti, modulati con precisione per mantenere alta la tensione e l’interesse dello spettatore.

Secondo McKee, il primo atto, che occupa circa il 25% della narrazione, culmina in un climax che si verifica nei primi venti/trenta minuti di un film di due ore. L’ultimo atto, invece, è più breve, accelerando verso un climax che cattura lo spettatore in un vortice di emozioni. La serie rispetta questi schemi, pur adattandoli al formato televisivo, introducendo sottotrame che arricchiscono la narrazione e colmano i momenti di quiete apparente.

Il Tempo dell’Incidente Scatenante

In un episodio che dura un’ora e sedici minuti, l’incidente scatenante – la rivelazione degli anelli all’Alto Re Gil-galad – arriva più tardi rispetto alle aspettative classiche. Tuttavia, lo spettatore non se ne accorge; e non se ne accorge poiché viene catturato da eventi precedenti che preparano il terreno.

In “Rocky,” ad esempio, l’incidente scatenante arriva tardi, trasformandosi nel climax del primo atto. Questo ritardo serve a far conoscere meglio il protagonista (Sauron, nel caso della serie), in modo che l’incidente scatenante possa avere un impatto emotivo più forte.

Sottotrame e Semina

Quando l’incidente scatenante viene posticipato, è essenziale che la narrazione venga preparata con una sottotrama che “semini” gli elementi necessari per il climax. In “Rocky”, come dicevamo, la storia d’amore tra Adriana e Rocky serve a questo scopo; in “Casablanca,” ci sono ben cinque sottotrame (con Laszlo, Ugarte, Yvonne e la moglie bulgara come protagonisti singoli, oltre quella dei rifugiati con protagonista plurimo). “Gli Anelli del Potere” utilizza due sottotrame principali: il “Sauronicidio,” ovvero l’assassinio di Sauron, e l’incontro di Halbrand con Galadriel nelle acque del Belegaer, entrambe cruciali per la costruzione dell’attesa e della tensione narrativa. Vediamole

Pentimento

“Quando il Primo Nemico è completamente sconfitto, egli si pente per paura, ma alla fine non si sottomette al giudizio degli dèi come gli era stato intimato. Indugia nella Terra di Mezzo. Molto lentamente, all’inizio con buoni motivi come la riorganizzazione e il risanamento delle rovine della Terra di Mezzo “trascurata dagli dèi” (Lettera, 131)

Questo tema di redenzione apparente emerge fin dalla prima stagione della serie. Sotto le spoglie di Finrod, nella visione di Galadriel, infatti Sauron pronuncia parole che ricalcano la sua oscura filosofia: “Il mio incarico [di Finrod] era assicurare la pace, ma ho imparato che era anche l’incarico di Sauron. Lui cerca un potere, non per distruggere la Terra di Mezzo, ma per guarirla“. Con queste parole, (riecheggianti la lettera a Waldman) Sauron cerca di rivestire le sue ambizioni di un manto di legittimità.

Il Potere e la Guarigione: Una Promessa Avvelenata

Questo motivo ritorna con forza nel prologo del primo episodio della seconda stagione. Le parole di Sauron risuonano come un lugubre mantra: “Il potere dell’invisibile mondo… esaurito il caos forgeremo un nuovo perfetto ordine. Non più saremo cacciati come i demoni che hanno distrutto la Terra di Mezzo, ma piuttosto venerati come i salvatori che finalmente l’hanno guarita“. Qui, Sauron rivela la sua visione di un mondo ricostruito secondo la sua volontà, dove il caos viene trasformato in un ordine (terribile), un ordine che si impone sotto la maschera della salvezza.

Disprezzo e Oscura Redenzione

Come ha indicato Pierluigi Cuccitto, la serie non si limita a esplorare il tema della redenzione di Sauron, ma intreccia questa trama con un altro elemento significativo: il disprezzo reciproco tra Sauron e gli orchi. Questi ultimi, creature corrotte, vedono in Sauron un essere che, a sua volta, li considera con lo stesso disprezzo.

Il Potere e la Dominanza Visiva: Sauron e gli Orchi

Nelle scene iniziali della serie, la supremazia di Sauron rispetto agli orchi è resa esplicita attraverso precise scelte cinematografiche che enfatizzano il suo potere (ma è veramente così?). Al minuto 04:16, si accende un momento carico di tensione, Sauron si erge sopra gli orchi e pronuncia con voce imperiosa, guardandoli dall’alto verso il hasso: “Sotto di me”, riferendosi chiaramente alla loro condizione subordinata. In questa sequenza, la regia utilizza una serie di tecniche per delineare inequivocabilmente i rapporti di potere.

La Composizione e la Scala Gerarchica

La scena sfrutta l’inquadratura dal basso (low angle shot), una scelta visiva che accresce la percezione della statura di Sauron, rendendolo fisicamente dominante. La posizione elevata di Sauron, accentuata dalla prospettiva, rafforza simbolicamente la sua autorità sugli orchi, che sono ripresi in posizione inferiore. Questa tecnica non è casuale: serve a scolpire visivamente la gerarchia, trasformando la superiorità di Sauron in una realtà tangibile e inconfutabile.

Dialoghi e Dominanza

Le parole di Sauron, “Sotto di me, il vostro NUOVO PADRONE, Sauron,” risuonano con un’eco di superiorità che va oltre il semplice dominio fisico. Il dialogo, enfatizzato dalla scelta delle parole e dal tono di voce, è accompagnato da un’inquadratura che isola Sauron dal resto del gruppo, utilizzando un close-up che sottolinea la sua individualità e il suo distacco dagli orchi. Questa tecnica di isolamento visivo amplifica il suo ruolo di comando, rendendolo il centro indiscusso della scena.

La Dinamica dello Sguardo

Poco dopo, al minuto 04:34, gli orchi sono mostrati mentre alzano lo sguardo verso Sauron, una scelta registica che utilizza l’eye-line match per rafforzare la percezione del loro stato di inferiorità. Questo tipo di sguardo è una tecnica classica che, quando viene impiegata in modo così netto, serve a cementare i rapporti di forza all’interno della narrazione.

Gli orchi non solo fisicamente, ma anche simbolicamente, sono posti al di sotto di Sauron, in una posizione di totale sudditanza.

La Composizione di Gruppo: Il Potere nel Collettivo

Subito dopo, una nuova immagine di gruppo (group shot) rafforza ulteriormente questa dinamica. Qui, la disposizione dei personaggi all’interno dell’inquadratura è piramidale con la testa di Sauron al vertice della piramide, studiata per creare un contrasto tra la massa informe degli orchi e la figura centrale e autoritaria di Sauron. La profondità di campo è utilizzata per mantenere gli orchi sfocati rispetto a Sauron, un trucco cinematografico che focalizza l’attenzione dello spettatore su chi detiene il potere all’interno della scena. La scelta di mettere a fuoco Sauron, mentre gli orchi restano sullo sfondo, serve a consolidare la sua posizione di controllo assoluto.

La Gerarchia dei Ruoli

In questo contesto, il posizionamento di Sauron non è casuale. Egli è posto su un livello elevato rispetto agli altri orchi, e quando pronuncia la frase: “Sotto di me, il vostro NUOVO PADRONE, Sauron,” (minuto 04:16) questa dichiarazione di dominio è rafforzata visivamente. Poco sopra gli orchi si trova Adar, il luogotenente di Sauron, il quale, pur essendo in una posizione inferiore rispetto al suo padrone, si distingue comunque dagli altri per la sua altezza e la sua vicinanza al potere. Questo posizionamento non solo segnala la sua autorità subordinata, ma anche il disprezzo che Sauron nutre verso gli orchi, considerandoli meri strumenti piuttosto che compagni d’armi.

Costumi e Distinzione Sociale: Un Linguaggio Visivo

Il distacco tra Sauron e gli orchi non è evidente solo nella loro disposizione scenica, ma anche nei costumi e negli atti. Sauron è avvolto in un manto di porpora imperiale che evoca immediatamente un senso di regalità assolutistica. Questa scelta cromatica non è solo estetica, ma serve a rimarcare la separazione “schifettosa” tra Sauron e gli altri, in particolare gli elfi di nero vestiti, che appaiono come ombre di fronte alla sua brillantezza. La porpora non solo eleva Sauron visivamente, ma lo distanzia simbolicamente dagli esseri inferiori che lo circondano, così come il suo bell’aspetto che nel Legendarium viene disprezzato dagli orchi.

Il Rimprovero di Sauron

Le parole di Sauron, pronunciate con un tono altero, sono impregnate di rimprovero. Esse non solo stabiliscono il suo ruolo di dominatore, ma aprono una frattura tra lui e gli orchi. Questo distacco, espresso anche attraverso il linguaggio visivo e i costumi, preannuncia un conflitto latente che si manifesterà in seguito. La tensione tra il potere assoluto di Sauron e la sua considerazione degli orchi come esseri inferiori prepara il terreno per eventi futuri.

Potere e Terrore

A partire dal minuto 05:40, la serie approfondisce ulteriormente il disprezzo di Sauron per gli orchi, rendendolo non solo palese, ma crudele e inesorabile. Il suo disgusto è espresso attraverso un monologo implacabile: “I Valar non vi perdoneranno mai, gli elfi non vi accetteranno mai… Gli uomini non vi guarderanno mai se non con orrore e disgusto… Una corrotta e ignobile razza degna solo di essere cacciata.” Queste parole, cariche di veleno, non sono esprimono un giudizio morale, ma una sentenza di condanna definitiva che solo la sua guida potrà riscattare. Senza di lui loro non contano niente.

La Brutalità del Comando

Seguendo il suo discorso, la scena si tinge di sangue quando Sauron conficca la lama nell’occhio di un orco, trattandolo come carne da macello. La regia enfatizza il momento con un’inquadratura ravvicinata (close-up) che cattura la fredda precisione e il sadismo con cui Sauron compie l’atto. La lama penetra nel bulbo senza esitazione, e lo fa con un gusto evidente, quasi come se questo gesto fosse un’ulteriore affermazione del suo disprezzo.

Subito dopo, Sauron grida con voce tuonante: “Io sono il vostro unico futuro,” trasformando il suo volto in un ghigno terrificante. Questo ghigno, ripreso in dettaglio, rievoca il volto che Bilbo mostrerà a Frodo; si tratta di una continuità visiva che lega il passato al futuro. Gli orchi, paralizzati dal terrore, si ritraggono spaventati, incapaci di ribellarsi al loro spietato padrone.

L’Ineluttabilità del Destino

La scena prosegue con Sauron che, con una voce intrisa di minaccia, dichiara: “E il mio percorso è il vostro unico percorso: chi tra di voi osa dire altrimenti?” La domanda è retorica, ma la sua potenza è tale che nessuno osa replicare. In un clima di esitazione e sottomissione, gli orchi non possono far altro che recitare in coro: “Ave Sauron.” Questa dichiarazione collettiva di fedeltà, quasi ipnotica, non è solo un rito di sottomissione, ma la prova definitiva della totale dipendenza dal loro signore oscuro.

Il Terrore di Glüg: La Minaccia persistente

Tanto è più vero che avanti, al minuto 32:03, la paura di Sauron diventa palpabile nella figura di Glüg, l’orco consigliere di Adar. Quando scopre che Sauron è ancora in vita, il terrore lo travolge. In una scena carica di tensione, Glüg si rivolge ad Adar con voce tremante: “Quello che lui ha detto, signore-padre, Sauron, non potrebbe mai tornare… Vero?” La paura che traspare dagli occhi dell’orco è un riflesso dell’orrore che Sauron instilla in coloro che lo circondano. Il suo timore è tale che perfino la possibilità del ritorno di Sauron lo lascia paralizzato, un segno evidente dell’ombra lunga che il Signore Oscuro proietta sulla Terra di Mezzo.

Eppure percepiamo che qualcosa non va. Sauron nonostante tutte queste accortezze non predomina totalmente. Non perché la sua regalità sia dimidiata, ma perché, proprio per i motivi suddetti, egli è un leone solitario circondato da iene. E un leone circondato da iene rimane pur sempre un leone, subissato dalla forza della congiura.

La regia voleva mostrare il tradimento e ha reso palpabile la tensione. Un muro di corpi soffoca l’immagine, e il male viene soffocato da altro male. È questo ciò a cui noi assistiamo. Non è Sauron, è il Tradimento di Sauron 

Il “Cesarecidio” di Sauron

Il “Cesarecidio” di Sauron, ovvero la sua uccisione per mano dei suoi stessi seguaci, rappresenta un momento di svolta straordinariamente potente, sia dal punto di vista cinematografico che narrativo. Questo evento, carico di tensione e di un profondo senso di tradimento, segna una frattura drammatica dell’ordine preesistente, con conseguenze che si ripercuotono su tutta la narrazione successiva.

Un Turning Point Cinematografico

Dal punto di vista tecnico, la morte di Sauron per tradimento funziona come un vero e proprio turning point, introducendo un cambiamento radicale e inaspettato nella trama. Questo tipo di scena, in cui il protagonista o un antagonista di spicco viene tradito e ucciso, sconvolge l’equilibrio della storia, creando un vuoto di potere che destabilizza tutti i personaggi coinvolti.

La rottura dello status quo ante pone le basi per nuovi conflitti e alleanze, rinnovando l’interesse e la tensione nella narrazione.

L’Impatto Emotivo sul Pubblico

Dal punto di vista della biochimica, l’efficacia di una scena come quella dell’uccisione di Sauron risiede nella sua capacità di attivare una risposta emotiva intensa nel pubblico. Gli esseri umani sono naturalmente predisposti a reagire in modo viscerale a situazioni di tradimento, specialmente quando la vittima è un personaggio complesso e potente come Sauron. Questo tipo di scena provoca una reazione emotiva istintiva, dove lo shock, l’incredulità e la tensione si fondono, coinvolgendo lo spettatore in modo profondo.

Da un punto di vista neurologico, la scena di tradimento e morte attiva l’amigdala, una parte del cervello responsabile della gestione delle emozioni come la paura e l’aggressività. Quando le aspettative del pubblico vengono violate da un tradimento così cruento, l’amigdala reagisce aumentando la tensione e mantenendo l’attenzione dello spettatore ai massimi livelli.

Questo picco di tensione non solo rende la scena memorabile, ma rafforza anche l’impatto emotivo dell’intera narrazione, facendo sì che lo spettatore resti coinvolto e concentrato.

Conflitto Morale

Il tradimento di Sauron da parte dei suoi seguaci rappresenta una rottura profonda del legame di fedeltà e potere. Dal punto di vista cinematografico, questo tradimento funziona efficacemente perché crea un contrasto forte tra le aspettative del pubblico e la realtà dei fatti. Lo spettatore si trova in una posizione ambivalente: pur riconoscendo la malvagità di Sauron, in quel momento di vulnerabilità è portato a provare una certa simpatia, o almeno una forma di empatia, per il personaggio. La sua morte, avvenuta in un contesto di tradimento, diventa così un atto carico di implicazioni morali e narrative, che sfida le percezioni e le aspettative dello spettatore.

La Potenza della Scrittura e della Regia

La violenza improvvisa, combinata con il sovvertimento dell’ordine stabilito, conferisce a questa scena una forza narrativa che la rende memorabile. Il contrasto tra la potenza di Sauron e la sua improvvisa vulnerabilità, sottolineata dalla maestria della regia e dalla fotografia, imprime questo momento nella memoria dello spettatore, rafforzando la sua partecipazione emotiva alla trama. La scrittura, attenta e calibrata, assicura che ogni parola e ogni gesto contribuiscano a costruire un climax di tensione che non scema, mantenendo l’attenzione del pubblico fino all’ultimo istante.

La Caduta di Sauron: Dal Morso di Huan alla Falsa Incoronazione

Dopo la falsa incoronazione, Sauron subisce un colpo decisivo, un momento che riecheggia la sua antica sconfitta per mano (o sarebbe il caso di dire attraverso i denti) di Huan, il cane di Valinor, al cospetto di Lúthien. Questo parallelismo non è solo un omaggio ai miti antichi, ma anche un elemento narrativo che sottolinea la ricorsività della sua disfatta. Riviviamo l’episodio epico:

“Ma né incantesimo né stregoneria, zanna o veleno, arte diabolica o forza belluina potevano soverchiare Huan di Valinor, il quale afferrò il suo nemico per la gola e lo inchiodò al suolo. Allora Sauron cambiò forma, da lupo divenendo serpente, e poi da mostro tornando al suo solito aspetto; ma gli era impossibile sfuggire alla presa di Huan senza abbandonare affatto il proprio corpo. Prima che il suo lurido spirito ne abbandonasse la tenebrosa carcassa […] E immediatamente Sauron assunse la forma di un vampiro, vasto come una nube scura sulla faccia della luna, e fuggì, ruscellando sangue dalla gola sopra gli alberi”

(Il Silmarillion, cap. XX, “Di Beren e di Lúthien”)

Dalla Morte per Mano degli Orchi alla Lama di Isildur

Proprio come fu sconfitto da Huan, vediamo Sauron sopraffatto dalle spade dei suoi stessi seguaci, un presagio della futura perdita del suo potere per mano di Isildur che sconfiggerà Sauron mozzandogli il dito.

La Trasformazione Oscura: Simbolismo e Cinematografia

Ed è proprio in questo contesto che Sauron si trasforma in un’entità nera, una rappresentazione visiva della sua malvagità. La fotografia e la direzione artistica qui sono magistrali, utilizzando la tecnica del show, don’t tell comunicano la progressiva degenerazione di Sauron senza ricorrere a spiegazioni verbali. Questo principio, essenziale nella scrittura cinematografica, permette di trasmettere emozioni e concetti attraverso le immagini piuttosto che con il dialogo, immergendo lo spettatore in un’esperienza viscerale.

La Metamorfosi di Sauron

La rappresentazione di Sauron come un’ombra nera, una massa viscosa che assimila ciò che incontra, e che tenta disperatamente di ricomporsi dopo la sua sconfitta, è ricca di simbolismo. La sua forma che si frammenta e si riassembla visivamente comunica l’idea della sua malvagità intrinseca e della sua persistente minaccia. Questa scelta registica non è casuale, ma piuttosto una scelta deliberata per accentuare l’idea di Sauron come un’entità che, nonostante le ripetute sconfitte, riesce sempre a trovare un modo per ricomparire.

Un Finale Carico di Simbolismo

L’immagine di Sauron, ridotto a un’ombra nera che tenta di ricomporsi, non è solo un effetto visivo, ma una potente metafora della sua incessante lotta per il potere. È il simbolo della sua eterna resistenza e del suo malvagio desiderio di controllo. Questa rappresentazione, abilmente confezionata dal punto di vista tecnico e narrativo, lascia una traccia indelebile nella mente dello spettatore, cementando l’immagine di Sauron come una delle figure più oscure e complesse della Terra di Mezzo.

Questo simbolismo non solo rafforza l’idea della persistenza del male, ma rende tangibile la sua natura insidiosa e pervasiva, in grado di raggiungere chiunque…chiunque!

L’essere amorfo nero, che si contorce e striscia, non è semplicemente una massa informe; rappresenta la natura adattabile e corrosiva del male. Sauron non è un’entità che può essere facilmente sconfitta o eliminata, ma una forza che muta e si adatta per sopravvivere. Questa fluidità rappresenta il male come una costante minaccia, capace di insinuarsi in ogni angolo della Terra di Mezzo.

L’ammasso di malvagità che assorbe un topo, stritolandolo, amplifica il simbolismo della corruzione. In questo processo, vediamo come il male non solo distrugge, ma assimila, corrompendo e trasformando tutto ciò che tocca. Il topo, simbolo di degrado e malattia, diventa parte di Sauron, rafforzando l’idea che il male si nutra del degrado e della debolezza per crescere e perpetuarsi.

Un Male visivamente eterno e instabile

Dal punto di vista cinematografico, l’immagine di una massa nera, fluida e mutabile, è visivamente potente perché evoca l’idea di un male senza una forma definitiva, in continua evoluzione. Il movimento di questa massa oscura sottolinea la natura instabile e imprevedibile del male, creando una costante tensione nello spettatore, che percepisce la minaccia come incombente e inarrestabile.

L’uso di questa massa nera amorfa come rappresentazione visiva del male è particolarmente efficace perché comunica l’idea che il male è difficile da confinare o distruggere. Non è mai realmente sconfitto; come un organismo mutante, si riorganizza e riemerge sotto nuove forme, continuando a minacciare tutto ciò che incontra.

Il Male come Parassita Resiliente

Dal punto di vista scientifico, il male rappresentato come una massa che assimila e si rigenera richiama l’idea di un virus o un parassita. Un virus non ha una forma fissa e, come la sostanza deformata, si nutre degli organismi che infetta per perpetuarsi. Questa metafora biologica rafforza la rappresentazione del male come qualcosa di resiliente, capace di autoripararsi e rigenerarsi, anche quando sembra essere stato sconfitto.

Il processo di assimilazione del topo da parte di Sauron richiama l’idea di un male che si rafforza attraverso la corruzione degli altri. Questo è un male che, come un virus, si nasconde, si diffonde, e ritorna più forte di prima. La capacità del blob di ricomporsi dopo essere stato frammentato è una chiara metafora della incrollabilità del male, suggerendo che, nonostante le vittorie temporanee del bene, il male è una forza che non può mai essere completamente estirpata.

Un’analisi del ritmo e delle emozioni

Segue l’attacco alla nave di Halbrand e la risoluzione finale verso l’incontro con Galadriel. Il resto del primo episodio si dipana invece seguendo una struttura a ritmo sinusoidale o dinamica di montagna russa. 

Questa struttura narrativa, che alterna picchi di tensione a momenti di calma, è cruciale per mantenere l’interesse del pubblico. I picchi di azione, ovvero i momenti di alta tensione, sono intervallati da fasi di distensione o plateau, creando un equilibrio che evita la saturazione emotiva e la noia.

Anche qui c’è una ragione scientifica che giustifica una siffatta organizzazione di trema. La struttura sinusoidale risponde a dinamiche psicologiche e neurobiologiche ben definite. Il cervello umano, progettato per cercare stimoli e novità, attiva il sistema dopaminergico durante i picchi di tensione. Questo sistema regola la motivazione e il piacere, con i picchi di tensione che liberano dopamina, incrementando l’attenzione e l’eccitazione. Le fasi di distensione forniscono un momento di riposo, permettendo al cervello di elaborare e assimilare le informazioni, preparandosi per il prossimo picco di tensione.

Struttura Narrativa: gli atteggiamenti dei Personaggi

Il primo episodio segue efficacemente questo schema narrativo attraverso i suoi dieci atti. Dopo il proemio, un’inseguimento iniziale sequestra l’attenzione, culminando nel primo incidente che scatena la decisione sulla sorte degli anelli. Dopo questa scena vediamo lo straniero che ci fa vivere un momento di distensione emotiva e che ci incoraggia ad empatizzare con lui facendoci domandare se riuscirà o meno a gestire il suo potere. È alle prese con un dilemma personale legato al suo potere e alla sua identità.

Il focus si sposta poi su Mordor, dove Halbrand diventa protagonista di una complicazione significativa.

La narrazione ritorna sugli elfi, con Círdan che discute con Elrond riguardo alla distruzione degli anelli.

La scena torna a Est, dallo straniero, che continua a gestire il suo potere ingestibile.

Questo ciclo di tensione e riflessione è seguita da un nuovo picco di tensione con Círdan e si conclude con la risoluzione a Mordor, dove Sauron trionfa su un mannaro.

Ognuno di questi atti spinge lo spettatore a domandarsi “e dopo cosa accadrà?”.

Dopo il tuffo di Elrond ci domandiamo “cosa succederà agli anelli? Ce la farà Elrond a portare avanti il suo intento?”

“Lo straniero troverà il suo bastone? Chi sono quei tracciatori e cosa vogliono? Sfuggiranno all’inseguimento”

“Cìrdan distruggerà gli Anelli?”

Una semina di interrogativi che tratteggiano la trama imponendo una risposta.

Il momento conclusivo è caratterizzato da uno dei picchi emotivi più solenni dell’episodio: il canto di Gil-galad e l’arrivo di Halbrand in Eregion. Ogni atto, caratterizzato da un evento problematico e una conclusione inaspettata, dimostra l’efficacia della scrittura nel mantenere l’attenzione dello spettatore.

Come fa a tenere alta l’attenzione dello spettatore?

In Alein, Ash, incide l’alieno facendo fuoriuscite un fluido corrosivo. Questo acido, capace di consumare rapidamente metallo e altre superfici, distruggendo lo scafo, rappresenta una minaccia immediata e pericolosa, aumentando il senso di urgenza nella scena. Il “sangue acido” non è solo una caratteristica distintiva dell’alieno, ma anche un simbolo della pericolosità e dell’imprevedibilità della minaccia.

Tensione e Urgenza: La Scadenza degli Elfi

Alla stessa maniera nel primo atto, la tensione è alta non solo per il conflitto iniziale, ma anche per la situazione critica degli elfi. Il deterioramento dell’albero del Lindon e il “guastamento” di Arda introducono una tempestiva risoluzione del problema da trovare entro la scadenza imposta da Gil-galad. Senza una soluzione al problema della scomparsa degli elfi, il loro esilio diventa inevitabile. Il sacchetto degli anelli, che rappresenta una possibile soluzione, diventa il centro del conflitto tra Elrond e Galadriel, con quest’ultima che si oppone alla distruzione del contenuto.

La decisione di Gil-galad di gestire la controversia tra Elrond e Galadriel aggiunge ulteriore complessità alla trama, dimostrando l’efficacia della scrittura nel mantenere l’interesse e l’engagement del pubblico. Ogni atto, con le sue tensioni e risoluzioni inaspettate, rivela un profondo coinvolgimento nella costruzione di una narrazione avvincente e ben ritmata.

Scelte Sotto Pressione

Ancora una volta Robert McKee afferma con saggezza che “IL VERO PERSONAGGIO si rivela attraverso le scelte che un essere umano compie sotto pressione: maggiore è la pressione, maggiore sarà la rivelazione e maggiore la fedeltà delle scelte alla vera natura del personaggio.” In questo contesto, la pressione che si esercita è colossale, poiché in gioco c’è la salvezza del mondo stesso.

Questa premessa ci offre una chiara controprova della verità di tale affermazione. La narrazione è, in ultima analisi, una sequenza di eventi che trasforma una situazione A in una situazione B. Tuttavia, la banalità di una trama, per quanto ben strutturata, diventa palese quando le scelte dei personaggi non comportano rischi significativi o dilemmi reali.

Immaginate la storia di un uomo che riceve la promessa di una promozione e, in virtù di questa, acquista un’auto costosa. Se il mese seguente la promozione si realizza, siamo di fronte a una narrazione lineare, ma poco intrigante. La vera sostanza narrativa emerge solo se, al contrario, il protagonista si trova a dover fronteggiare una crisi imprevista, come un licenziamento che compromette la sua capacità di mantenere l’acquisto. Qui la narrazione diventa affascinante, poiché la pressione estrema rivela la vera natura del personaggio: restituisce l’auto con dignità, o si indebita con individui poco raccomandabili?

Tensione

La serie esemplifica questa dinamica di alta pressione. La questione centrale – se utilizzare o distruggere gli strumenti che potrebbero salvare o distruggere il mondo – si sviluppa attraverso una rete complessa di scelte individuali e conflitti morali. Ogni personaggio, immerso in una trama di estrema pressione, affronta decisioni che definiscono la loro essenza.

Gil-galad, nella serie, non è semplicemente un personaggio tratto dall’universo di Tolkien, ma agisce come un vero e proprio archetipo della narrativa tolkieniana. La sua decisione di utilizzare gli anelli elfici, pur conoscendo i rischi, esemplifica due archetipi profondamente radicati:

Archetipo Cinematografico e Letterario

Re Sacrificale: Gil-galad incarna l’archetipo del Re Sacrificale. Egli si trova nella posizione di un leader che, pur consapevole dei rischi e delle potenziali perdite, sceglie di prendere decisioni rischiose per il bene del suo popolo. Questo archetipo è visibile in figure storiche e letterarie come Re Artù, che affronta sfide immani per il bene del suo regno, nonostante i pericoli personali.

Sovrano Tragico: Parallelamente, Gil-galad assume anche le caratteristiche del Sovrano Tragico. Questo archetipo descrive un leader che, consapevole del proprio destino infausto, accetta la propria condanna imminente per adempiere al proprio dovere. La sua decisione di utilizzare gli anelli, nonostante le probabili conseguenze catastrofiche, è simile al destino tragico di figure come Agamennone, intrappolato in una rete di fatalità inevitabile.

Punto di Vista Morale:

Dal punto di vista morale, la scelta di Gil-galad si configura come un compromesso necessario. L’uso degli anelli è visto come una scelta utilitaristica: il fine di proteggere il suo popolo giustifica l’adozione di mezzi rischiosi, anche se comportano la possibilità di una corruzione devastante.

Rischio del Male Maggiore: Tuttavia, questa decisione è moralmente ambigua e potrebbe rappresentare un esempio di hubris, dove il desiderio di mantenere il potere e la sicurezza immediata porta a rischiare conseguenze disastrose a lungo termine.

La decisione di Gil-galad di utilizzare gli anelli elfici rappresenta un punto cruciale e catalizzatore nella sceneggiatura della serie. Questa scelta non solo altera profondamente la trama, ma influisce in maniera significativa sull’esperienza cinematografica complessiva.

Analizziamo il modo in cui questo impatto si manifesta dal punto di vista narrativo e cinematografico.

Effetto sulla Sceneggiatura:

– Tensione Narrativa:

La decisione di Gil-galad di impiegare gli anelli elfici introduce una tensione narrativa palpabile. Il conflitto tra la sopravvivenza degli Elfi e il pericolo rappresentato dall’influenza di Sauron crea una suspense avvincente, arricchendo la trama di un’energia drammatica costante. Il pubblico è immerso in un clima di incertezza e attesa.

– Sviluppo Tematico: Il ricorso agli anelli introduce temi ricchi e stratificati, come il potere e la corruzione, il sacrificio e la moralità. Questi temi sono esplorati attraverso le conseguenze delle scelte fatte, ampliando la narrazione a riflessioni più profonde e filosofiche. La sceneggiatura guadagna così in complessità e significato, arricchendo la trama con elementi che stimolano il pubblico a considerare le implicazioni morali e filosofiche delle azioni dei personaggi.

Vantaggi per il Pubblico in Termini Cinematografici:

La decisione di Gil-galad di impiegare gli anelli crea un profondo coinvolgimento emotivo. La suspense generata dal rischio di corruzione e dalle potenziali conseguenze catastrofiche avvicina il pubblico alla narrazione, suscitando preoccupazione e investendo emotivamente nella trama. Questo coinvolgimento è cruciale per mantenere l’interesse e la connessione continua con la storia. O in ogni caso il dilemma è tenuto acceso dal conflitto con Elrond.

In termini cinematografici, la scelta di Gil-galad amplifica il conflitto e prepara il terreno per sviluppi drammatici futuri. I dilemmi morali e le scelte ardue attirano il pubblico verso una narrazione ricca di tensioni e sviluppi imprevedibili. La decisione di utilizzare gli anelli non solo intensifica il conflitto attuale, ma preannuncia e stimola la curiosità per le conseguenze che si evolveranno nei successivi episodi.

Dal punto di vista neuroscientifico, le scelte morali e i conflitti complessi stimolano aree cerebrali associate alla riflessione critica e alla risoluzione di problemi, come la corteccia prefrontale. La narrazione che presenta dilemmi intricati richiede un maggiore sforzo cognitivo da parte del pubblico, il quale è invitato a riflettere e fare previsioni sulle conseguenze delle scelte. Questa stimolazione cognitiva non solo mantiene alta l’attenzione, ma arricchisce l’esperienza narrativa con una dimensione intellettuale profonda.

La Scelta di Elrond: Rigido e Inflessibile

Elrond, al contrario di Gil-galad, rappresenta un’interpretazione inflessibile e rigorosa del problema. La sua posizione è ben documentata nei testi, dove viene evidenziata la sua ferma opposizione all’uso dell’Unico Anello. Le sue dichiarazioni, come quella in cui afferma: “Ahimè sì, Isildur se ne impadronì, e non avrebbe dovuto. L’Anello doveva allora essere gettato nel vicino fuoco dell’Orodruin dov’era stato fabbricato”, sottolineano il suo atteggiamento decisamente contrario all’uso di tali artefatti per fini personali.

Elrond, con il suo principio di evitare qualsiasi compromesso, riflette la rigidità morale che lo caratterizza. La sua affermazione, “Dobbiamo mandare l’anello al Fuoco; non ho il coraggio di prendere l’Anello per nasconderlo. Non voglio prendere l’Anello per adoperarlo”, evidenzia il suo rifiuto di accettare un compromesso che potrebbe compromettere il futuro degli Elfi e la sua integrità personale.

Questa posizione inflessibile non solo contrastano con la scelta di Gil-galad, ma arricchisce la narrazione di un ulteriore strato di conflitto e complessità, presentando un equilibrio tra diverse filosofie di leadership e decisione.

La decisione degli showrunner di far prendere a Elrond la scelta cruciale di distruggere i tre Anelli nella serie è un atto audace e stratificato che merita una riflessione approfondita.

Argomenti Letterari:

– Coerenza Tematica: Nelle opere di Tolkien, Elrond emerge come una figura di saggezza intransigente, consapevole dei pericoli insiti nel potere corrotto. La sua dichiarazione “Non voglio prendere l’Anello per adoperarlo” non è solo una dichiarazione di principio, ma un riflesso della sua prudenza e del suo rigetto verso qualsiasi artefatto contaminato da Sauron. La decisione di distruggere i tre Anelli nella serie amplifica questa caratterizzazione, mostrando un Elrond che non solo rifiuta l’uso del potere corrotto ma è disposto a eliminare ogni minaccia potenziale, un’estensione naturale della sua filosofia.

– Motivazione Profonda: La narrativa tolkieniana tratteggia i personaggi consapevoli della vera natura dell’Anello come riluttanti ad usarlo. La decisione di Elrond nella serie di distruggere gli Anelli Elfici può essere vista come una manifestazione della sua filosofia di evitare qualsiasi forma di potere contaminato. Questo atto non è solo un gesto drammatico ma un tentativo di riflettere una profonda coerenza con la sua visione dell’Anello e dei rischi ad esso associati.

Nella logica narrativa tolkieniana, l’Anello Dominante rappresenta l’apice del potere corruttore, ma anche i tre Anelli Elfici, sebbene distinti, non sono immuni al suo influsso.

Se Sauron ha il potere di contaminare l’Anello Dominante, è ragionevole che i tre Anelli possano essere stati compromessi. La scelta di Elrond di distruggerli rappresenta una decisione logica per evitare che tale corruzione si espanda, confermando la sua avversione verso qualsiasi utilizzo di potere corrotto.

Filologicamente parlando, il personaggio di Elrond è delineato come qualcuno che riconosce e respinge i pericoli del potere. La decisione di distruggere i tre Anelli può essere vista come un’estensione naturale del suo carattere, coerente con la sua visione del potere e con la sua determinazione a prevenire qualsiasi abuso, rivelando un profondo rispetto per la filosofia che guida la sua vita e le sue azioni.

La scelta di Elrond di non usare l’Anello Dominante è un momento cruciale nella narrazione del Legendarium. Allineare la decisione di distruggere i tre Anelli con questa rappresentazione testuale permette di mantenere una coerenza interna del personaggio attraverso i vari medium narrativi. La serie riflette così fedelmente il personaggio di Elrond come delineato nei testi di Tolkien, preservando la sua integrità caratteriale.

C’è un ulteriore ragione per cui Elrond è un candidato valido a interpretare il ruolo di chi vuole distruggere gli Anelli del Potere

Protezione dall’Influenza di Sauron:

I Tre Anelli, sebbene creati da artigiani elfici e non direttamente da Sauron, restano sotto l’ombra della sua influenza, ci dice Tolkien. Elrond, riconoscendo il rischio, e questa onnipresenza del male anche negli anelli elfici, potrebbe antivedere la distruzione come un’azione necessaria per proteggere gli Elfi e il mondo da un pericolo latente. È un pericolo possibile, che affiora perché gli anelli rimangono pur sempre opera dell’Oscuro Signore. Questa scelta logica è basata sulla consapevolezza che il rischio di corruzione, sebbene meno immediato, è comunque presente.

Disobbedire a Gil-galad, in questo contesto, non è necessariamente un atto di tradimento. Elrond considera la sua scelta come un atto di fedeltà a principi morali superiori. La sua decisione di distruggere gli Anelli riflette una comprensione più ampia delle conseguenze e dei rischi, dimostrando un impegno verso il bene a lungo termine, che trascende le norme di obbedienza immediata.

È una sorta di sostenitore del consequenzialismo, che giudica le azioni in base ai loro risultati. Se la distruzione degli Anelli impedisce una corruzione maggiore e la potenziale dominazione di Sauron, allora l’atto è giustificabile come moralmente corretto. Anche se da una prospettiva deontologica la disobbedienza potrebbe essere vista come un fallimento di obbedienza, Elrond potrebbe considerare la prevenzione di danni futuri come una giustificazione sufficiente.

Continuità Tematica con il Personaggio di Elrond

Elrond poi è descritto come un simbolo di saggezza antica, e la sua decisione di distruggere i Tre Anelli si allinea con questa caratterizzazione. Sebbene possa sembrare un atto di disobbedienza, riflette una comprensione profonda dei pericoli del potere e un impegno verso la salvaguardia del bene maggiore. Questa scelta è coerente con il suo ruolo di custode della saggezza e della sicurezza degli Elfi di cui ci informa Tolkien nelle Lettere.

La tradizione degli Elfi è ricca di scelte difficili e sacrifici. La decisione di Elrond è un’ulteriore manifestazione di questo tema ricorrente, simile alle scelte eroiche fatte dai Noldor o da Lúthien. La sua azione di distruggere i Tre Anelli è quindi in linea con la narrativa tolkieniana di sacrificio necessario per evitare una maggiore tragedia.

Fedeltà ai Valori e non alle Istituzioni:

Elrond vede il suo gesto come una fedeltà ai valori fondamentali, piuttosto che un atto di disobbedienza istituzionale. La sua decisione di distruggere gli Anelli, sebbene non conforme alle direttive di Gil-galad, è un’espressione di devozione ai principi più alti della sua cultura e della sua responsabilità, che trascende le convenzioni immediate.

Nell’episodio uno i personaggi chiamati all’azione (nella prossima Recensione esamineremo il rapporto tra Galadriel ed Elrond) sono veri personaggi. Devono fare delle scelte impossibili spinto da una pressione incalcolabile!

Giunti a questo punto immaginate di trovarvi al centro di una battaglia epica, con paesaggi maestosi che si stendono all’orizzonte e la colonna sonora che esplode in una cavalcata travolgente. La scenografia e la musica non sono solo accompagnamenti, ma strumenti fondamentali per amplificare l’esperienza visiva e immersiva. E la serie ci offre un’esperienza visiva che poche altre serie sono in grado di offrire.

Il Rapporto d’Aspetto 2,39:1: La Chiave per una Maestosità Cinematografica

Il rapporto d’aspetto 2,39:1 è il segreto dietro la straordinaria grandezza visiva di “Gli Anelli del Potere”. Ma cosa significa esattamente?

Con una larghezza quasi 2,4 volte maggiore rispetto all’altezza, il formato 2,39:1 è progettato per trasportare gli spettatori in un mondo vasto e grandioso.

A differenza dei tradizionali 16:9 o 4:3, questo rapporto d’aspetto offre un campo visivo che abbraccia e accentua la bellezza dei paesaggi e la vastità delle battaglie. Perfetto per una narrazione ambientata in una Terra di Mezzo che è tanto vasta quanto spettacolare.

La scelta di questo formato non è casuale. Le scene di battaglia e i panorami mozzafiato traggono vantaggio dalla capacità del 2,39:1 di includere un ampio spazio visivo. Ogni angolo dello schermo viene utilizzato per esaltare l’imponenza del mondo creato, dalla maestosità delle città elfiche alle vaste distese naturali.

Il rapporto d’aspetto 2,39:1 consente ai registi di progettare composizioni più complesse e bilanciate. L’ampiezza dello schermo facilita la disposizione di personaggi e scenografie in modi che arricchiscono la narrazione visiva, enfatizzando la connessione tra gli elementi e migliorando l’esperienza immersiva.

L’uso del 2,39:1 amplifica il senso di grandiosità delle scene. Le battaglie campali, le città grandiose e i paesaggi naturali acquisiscono una dimensione epica che cattura e trattiene l’attenzione dello spettatore, rendendo ogni scena un’esperienza visivamente memorabile.

Questo formato aiuta a mantenere l’attenzione sul centro della narrazione, riducendo le distrazioni e immergendo lo spettatore più profondamente nella storia. Le ampie inquadrature permettono di seguire meglio le interazioni tra i personaggi e le dinamiche della trama, migliorando la coesione narrativa.

I temi musicali di che accompagnano le scene sono progettati per incantare e stimolare sottolineando ogni soggetto con un tema musicale adeguato al soggetto.

La qualità della musica è garantita dal genio di Bear McCreary.

Concludendo, il primo episodio dispiega infinite e affascinanti potenzialità con una scrittura robusta e vibrante che segue i crismi della buona sceneggiatura. Si tratta di un viaggio cinematografico che ci porta in giro per il mondo di Tolkien, con una struttura incalzante che semina interrogativi sia di trama che di morale; il tutto confezionato con una fotografia avvincente che assorbe lo spettatore proiettandolo nella Terra di Mezzo, dove i comprimari “canonicamente” orientati compiono la loro missione, sostenuti da una musica narrante ed efficace.

Voto: 10