Un finale di stagione commovente e straziante, a tratti sorprendente, per quanto osi mettere alla prova lo spettatore.
Il prologo alla puntata è folgorante: Durin III scava pazzamente a Khazad-dum sempre più fondo, nonostante il principe Durin, disperato, lo implori di togliersi l’Anello. Ed è in quel momento che, scavando sempre più in profondità, si apre uno scenario meraviglioso e terribile.
Meraviglioso, perchè i due Nani vedono mithril ovunque, che brilla luccicante nell’oscurità; terribile, perchè dall’ombra spunta la fiamma, ovvero il Balrog, la cui apparizione è stupefacente, tecnicamente ineccepibile.
Ma non basta, perchè, come aveva previsto chi scrive, non assistiamo di certo alla caduta di Khazad- dum, che è ancora lontana- nei libri avverrà nell’anno 1981 della Terza Era- ma alla redenzione di Durin III, che si sfila l’Anello, e dopo un commovente addio al figlio, a cui affida il regno, si getta contro il Balrog, con l’ascia in mano, evitando il clichè “alla Gandalf” di essere trascinato giù per un piede, e affrontando il Balrog nella maniera più Nanica possibile. a viso aperto, precipitando nell’oscurità assieme al Balrog. Tra le lacrime, Durin IV chiude l’apertura, e il pericolo del Balorg per ora viene evitato.
Ma non c’è dubbio che nelle prossime stagioni l’atmosfera a Khazzad-dum sarà molto più cupa, perchè ora i Nani sanno cosa giace in profondità, e sarà interessante vedere come la serie gestirà questa situazione. Per ora, comunque, ci lascia una scena davvero indimenticabile, con la quale diciamo addio al personaggio di Durin III, che ha potuto godere della magnifica interpretazione del grande Peter Mullan, capace di rendere vivo un personaggio che in Tolkien è quasi solo un nome.
Il cuore della puntata è ovviamente in Eregion, di cui parliamo diffusamente più avanti. Ora analizziamo le altre tre storyline che, chi più chi meno, hanno fatto brevi ma significative apparizioni che chiudono bene il cerchio ma ne aprono altrettanti per le future stagioni.
Nùmenor ha poche scene, ma come sempre significative, che preludono al grande protagonismo che avrà questa parte di storia nelle prossime stagioni: un Pharazon sempre più senza scrupoli riunisce un gruppo di Fedeli e li accusa di essere dei traditori con una motivazione davvero senza scrupoli: avendo scoperto nel Palantìr che Halbrand è Sauron, modifica il documento con cui Mìriel aveva nominato Re delle Terre del Sud Halbrand- senza sapere chi fosse- facendoci scrivere Sauron, per lo sgomento dei Fedeli. Questa manovra di Pharazon è off-screen, ma la presenza del documento ci permette di capire abbastanza facilmente la manovra.
Resta il fatto che i Fedeli vengono diabolicamente accusati di aver favorito il grande Nemico, e vengono perseguitati e incarcerati. Sembra non esserci speranza per nessuno, nemmeno per Elendil, ma Earien ha uno scatto d’amore per il padre e lo avvisa in tempo, permettendogli di fuggire: si intravede un inizio di pentimento per la giovane, che ricalca così sempre più il personaggio- in quel caso maschio- di Herendil, che nel quinto volume della History, La Strada Smarrita, da un iniziale appoggio a Pharazon si avvicina sempre di più al padre, rappacificandosi con lui e avvisandolo del pericolo che corre. La serie segue e amplia, come spesso fa, un elemento di Tolkien inserendolo nella narrazione, e mostrando quanto dialoghi con i testi. Ma i momenti legati al Legendarium, per quanto riguarda Nùmenor, non sono finiti qui, perchè Elendil riceve da Mìriel la spada Narsil, i cui frammenti giungeranno ad Aragorn e che sarà la lama con cui Isildur, alla fine della Seconda Era, taglierà il dito di Sauron, prendendosi l’Anello. “La fiamma bianca”, mormora Elendil, in una scena emozionante, in cui vediamo il personaggio fare lo stesso movimento di sguainare la spada che fa Aragorn con Narsil riforgiata nel Ritorno del Re Jacksoniano: un omaggio palese.
Mìriel, però, aggiunge una nota importante, che ci introduce luoghi e personaggi della prossima stagione: “rivendica il tuo titolo”, dice ad Elendil, ovvero la tua casata, quella dei Signori di Andùnie, che stanno a ovest e dove si trova il terzo figlio, Anàrion, che Elendil cita direttamente: la conferma che lo vedremo nella terza stagione.
Un particolare, quindi, che smentisce le critiche relative al personaggio, per cui Elendil sarebbe stato “ridotto a un capitano di mare”: cosa che è, perchè è Tolkien stesso che lo descrive così, nel Silmarillion; la serie però non ha cancellato il suo lignaggio, ma ha costruito un’evoluzione del personaggio in modo da farci vedere il suo riappropiarsi del titolo, rendendo questa caratteristica “sentita e vissuta”, e non una mera citazione enciclopedica.
Una parte breve, quindi, ma intensa; così come rapida ma significativa la puntata a Pelargir, dove vediamo lo sbocciare dell’amore tra Isildur ed Estrid- una scene forse rapida, ma ben recitata e che comunque mostra una situazione reale, ovvero un colpo di fulmine- ma soprattutto l’arrivo dei Numenoreani guidati da Kemen- un Leon Wadham davvero insopportabilmente convincente, in questa stagione, a differenza della prima- che mostra subito come sia arrivata l’ora della Nùmenor imperialista: Pelargir dovrà diventare una fortezza, alcune case andranno abbattute, e il cibo che spetta ai Low Men- citazione diretta di Tolkien, questo termine- arriverà solo se essi forniranno cospicuo legname: elemento, questo, che proviene dai Racconti Incompiuti, dove si narra di come i Numenoreani fecero “danni enormi” alle foreste disboscando e tassando i Low Men proprio sul legname, attirandosi il loro odio e facilitando il passaggio di molti di loro nelle fila di Sauron.
In poche scene, la serie ci apre ad un elemento dei libri con grande efficacia, incuriosendoci molto per il proseguio, mentre vediamo Isildur tornare a casa, senza Estrid, perchè i Low Men non possono avere liberi passaggi nelle navi di Nùmenor ( altro riferimento ai libri, dato che i Nùmenoreani mostreranno disprezzo e finanche razzismo per i Low Men).
La terza storyline più “breve” è Rhun, che, come sempre, alterna momenti molto interessanti ad altri un pò prevedibili: finalmente vediamo lo scontro/ incontro tra lo Straniero e l’Oscuro Stregone, ma l’effetto non è dei migliori dal punto di vista dell’azione. Lo Stregone Oscuro cattura Nori e Poppi, per attirare il “collega”, ma poi uccide coloro che aveva mandato a catturarle, perchè non vuole che vengano uccise: i misteriosi cavalieri così fuggono, venendo liquidati un pò troppo in fretta. Sicuramente Rhun verrà approfondita meglio nelle prossime stagioni, ma queste lievi pecche incrinano il bilancio di questa parte di storia che ha comunque momenti interessanti, e non poco, soprattutto per quanto riguarda i personaggi e le loro motivazioni: molto interessante è il fatto che lo Stregone Oscuro dica allo Straniero di essere stato “convinto” da lui ad andare nella Terra di Mezzo, dimostrando così di non poter essere Saruman (se non bastasse la smentita degli showrunner in un’intervista del 3 ottobre a Vanity Fair) il quale non aveva affatto bisogno di spinte, e preziosa è la citazione dei Cinque Stregoni, segno che la serie forse ce li mostrerà tutti ( anticipando in questo la loro venuta ma rifacendosi a The Nature of Middle Earth, dove li vediamo agire nella Terra di Mezzo addirittura nei Tempi della nascita degli Elfi); e ovviamente molto bello e prezioso è il momento in cui lo Straniero si contrappone allo Stregone Oscuro con l’atteggiamento tendente alla pietà piuttosto che alla forza; ed è lì che capiamo con certezza assoluta che il suo nome sarà presto Gandalf.
Ed è così che avviene, perchè, dopo che lo Stregone se n’è andato dopo aver distrutto il villaggio degli Sturoi, Gandalf, in mezzo alle rovine, trova il suo bastone, e gli Sturoi, per la prima volta diventati nomadi, se ne vanno, salutandolo come “Grand Elf”, che ricorda il significato di Gandalf nella lingua degli Uomini, ovvero Elfo con bastone.
E allora, dopo aver salutato Nori in maniera commovente, dicendole che alla fine non sono poi così diversi- prefigurando il grande amore di Gandalf per gli Hobbit- nella capanna di Tom mormora “Gandalf. Così sarò chiamato“; e allora “la canzone ha inizio”, come dice Tom, in maniera commovente, e assieme cantano alcune strofe della canzone di Tom del Signore degli Anelli, mentre le stelle brillano nella notte. Un finale davvero bello e intenso.
Il cuore della puntata, però, è ovviamente l’Eregion, e davvero sarebbe difficile trovare un momento in cui non accadono cose emozionanti e significative.
Partiamo dalla battaglia, che in realtà ormai è una rotta per gli Elfi; ma, come nei Racconti Incompiuti, nel momento di totale disfatta, quando Elrond stesso è alle corde arriva “una schiera di Nani inviata da Durin“: citazione letterale, perchè non c’è Durin IV, che vediamo celebrare in una scena successiva il funerale del padre, ma appunto una schiera di Nani inviata da lui, con a capo Narvi. Vediamo solo qualche scena coi Nani che combattono, ma l’arrivo è davvero “eucastatrofico”, nel pieno rispetto di Tolkien.
La speranza nel momento di totale disperazione, ed è ancora più emozionante perchè udiamo il corno dei Nani mentre Sauron sta per uccidere Galadriel, dopo averle preso i Nove Anelli. Ma prima di arrivare a questa parte, è necessario soffermarsi sulla morte di Celebrimbor e sul suo ultimo e magnifico confronto con Sauron. Anche qui, la serie segue fedelmente Tolkien, non solo facendoci vedere Celebrimbor puntellato di frecce- qui scagliate dallo stesso Sauron- come nei Racconti Incompiuti e issato poi da Sauron su una colonna, trafitto definitivamente da una lancia- il che ricorda la morte di Gesù Cristo- ma anche proponendoci un dialogo in cui è Celebrimbor, sconfitto, a vincere, perchè profetizza a Sauron che gli Anelli lo distruggeranno e che sarà…Uno a provocargli la definitiva sconfitta, in un tempo lontano; e lui dominatore sarà dominato,” il Signore degli Anelli”.
Un momento di altissima qualità, e una magnifica recitazione dei due attori, sublimata dalle folli lacrime di Sauron che piange, perchè da un lato si vede come il buono della situazione, dall’altra le parole dell’Elfo hanno lasciato il segno. E davvero qui risuonano le parole di Tolkien: “Celebrimbor non era corrotto e non aveva perduto la fede”. Così possiamo capirlo ed empatizzare con lui e la sua morte. Una grande uscita di scena, mentre Sauron incrocia gli Orchi e soprattutto Glug, ormai in procinto di tradire Adar.
E così sta per avvenire, perchè vediamo Adar a confronto con Galadriel, la quale, per salvare i profughi che stava portando via dall’Eregion attraverso un tunnel- come Idril e Tuor ai tempi di Gondolin nella Prima Era- decide di consegnare i Nove ad Adar, il quale ha usato l’Anello di Galadriel su di sè, e sta tornando ad essere un Elfo. Sta ritrovando la Luce, e propone a Galadriel di fare pace, dopo aver per sempre distrutto Sauron con la corona di Morgoth riadattata da Sauron e l’Anello.
Lui porterà via gli Orchi, e ci sarà pace per sempre, anche se Galadriel gli ricorda con saggezza di aver ucciso una gran numero dei suoi figli. Forse intuisce inconsciamente quello che sta per avvenire, ovvero il tradimento di Glug e degli altri Orchi che, istigati da Sauron, al quale ormai obbediscono, dati i suoi grandi poteri mentali. E così Adar viene ucciso, pugnalato dai suoi figli, esattamente come avevano fatto con Sauron, in una scena che dimostra molto bene come gli Orchi sono sempre Orchi e che finchè non sarà giunto il tempo di Arda Risanata, alla fine dei tempi, per loro ci sarà poca speranza di redenzione. La serie ci ha permesso di capire gli Orchi, ma non li ha mai umanizzati, e questa scena lo dimostra con limpida chiarezza.
E così, Sauron affronta Galadriel, perchè vuole i Nove, e ovviamente l’Anello della Dama; e assistiamo all’ultima tentazione, come recita il titolo dell’ultima traccia della colonna sonora di Bear McCreary: Galadriel, “principale avversario e ostacolo” di Sauron, come dice Tolkien nei Racconti Incompiuti, viene messa alla prova dal Nemico, che assume le forme prima di Halbrand, poi di Galadriel stessa e infine di Celebrimbor, usando ancora le parole del fratello Finrod, “prima di arrivare alla luce bisogna toccare l’oscurità“, offrendole il ruolo di regina, ancora una volta, perchè “la porta è aperta”, ma Galadriel risponde- e non c’è mai stato alcun dubbio fin dalla prima stagione- “la porta è chiusa”, prefigurando le sue stesse parole nel Signore degli Anelli, “la porta è ancora chiusa”, che mostrano come la tentazione di Sauron durasse da più di un’era.
Commovente l’interpretazione di Morfydd Clark, che ha sempre donato a Galadriel una grande passione, in linea con Tolkien ma arricchendola della sua interpretazione.
Sauron la ferisce quasi mortalmente, ma l’Elfa riesce a sfuggirgli ancora una volta, lasciandosi cadere da grandi altezze sui rami di un albero, prima di cadere a terra. Sarebbe la fine, ma viene raccolta dai profughi dell’Eregion, tra cui Elrond e Gil-Galad, i quali uniscono le forze dei due Anelli per impedirle di morire, in una scena di grande impatto in cui spicca lo sguardo intenso di Robert Aramayo, un Elrond davvero splendido per tutta la puntata, travolto dal dolore per la perdita dei libri, della bellezza e dell’arte, ma che conserva uno spirito saldo, benchè ferito per sempre dalla consapevolezza che certe cose non torneranno mai.
Gli Anni Neri, il dominio di Sauron, quindi: questa puntata sembra non lasciare scampo. Eppure la stagione, giustamente, non si chiude nella disperazione, ma nella speranza, essendo una serie su Tolkien; e l’arrivo dei profughi nella valle che poi diventerà Gran Burrone- proprio come nei Racconti Incompiuti– si conclude con i quattro eroi elfici- Elrond, Gil-Galad, Galadriel e Arondir, la cui non dipartita non spiegata è l’unica vera pecca della puntata-che in cima ad una roccia invitano gli elfi a resistere: bisogna scegliere tra “spada e scudo”, dice Galadriel, ma serve seguire l’ultimo consiglio di Celebrimbor: non sarà la forza a sconfiggere Sauron, ma la resistenza, e ormai gli Elfi hanno capito, e Sauron “mai più l’ascolteranno”, come dice Tolkien nel Signore degli Anelli.
Così, quando Gil-Galad- emerso prepotentemente in queste ultime due puntate come il faro degli Elfi- alza la spada, gli Elfi gridano, un grido potente, per nulla dimesso, e pieno di speranza nonostante il dolore; perchè gli sconfitti, in Tolkien, non sono mai davvero sconfitti, e la pietà può salvare molte vite.
Pietà contro la forza: sarà il tema della prossima stagione, quando il Lindon stesso sarà attaccato- come profetizza lucidamente l’Alto Re- e questo finale è perfetto, nel pieno rispetto di Tolkien.
Dovremo attendere due anni per la nuova stagione, ma ne varrà sicuramente la pena.
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