Il tesoro sotto la montagna, rubato da Smaug ai nani di Erebor, preteso da Thorin legittimo re sotto la montagna, è il pretesto per la grande avventura narrata ne Lo Hobbit.
Come in tutte le grandi storie si parte alla ricerca, nel nostro caso riconquista, di un tesoro. Un tesoro di valore inestimabile che contiene l’archepietra, l’orgoglio dei nani, il cuore della montagna, scoperta nelle profondità di Erebor da Thrain.
Chiunque abbia letto Lo Hobbit conosce bene lo splendore di quel tesoro, difficile dimenticarsi del tintinnio sonante delle monete sotto i piedoni di Bilbo nel ruolo di scassinatore, o schiacciate dalla mole enorme del drago Smaug, che con pezzi d’oro e pietre preziose si è corazzato il ventre. Un tesoro troppo grande per non essere notato da un drago, un mostro mitologico che si è insinuato sotto la Montagna Solitaria devastando il territorio circostante. Per il nostro autore Smaug è un drago dalla forma di un grosso e spaventoso serpentone alato. E’ sempre Tolkien a descriverci anche la personalità dei draghi che popolano la Terra di Mezzo:
“ Sai che i draghi rubano agli Uomini, agli Elfi e ai Nani oro e gioielli, dovunque possano trovarli; e fanno la guardia al loro bottino finché vivono (il che in pratica vuol dire per sempre, a meno che non vengano uccisi) e non si godono uno spillo di quello che hanno rubato”. E ancora: “Nessun drago è in grado di resistere al fascino di una conversazione enigmatica e di passare un po’ di tempo nella ricerca di comprenderla”. Sono creature potenti e fiere capaci di confondere i coraggiosi malcapitati che osano avvicinarsi: “(Bilbo) Effettivamente stava correndo l’atroce rischio di cadere sotto l’influsso magico del drago”.
Tutti ingredienti tipici della tradizione, eppure sempre nuovi. L’oro scatena la bramosia dei nani, degli uomini e dei draghi. I draghi, si sa, sono avidi, orgogliosi e vanitosi, ma queste caratteristiche prendono presto il sopravvento anche su Thorin che, pur essendo dalla parte della ragione nel rivendicare il tesoro, di fronte a quella montagna d’oro dimentica tutto il resto: amici, alleanze e la nobiltà d’animo che dovrebbe essere propria di un re. Eppure è un normale tesoro quello da riconquistare, non un “tesssoro” da distruggere e da cui guardarsi, al quale sia quasi impossibile resistere . Non è altro che una grande montagna di metallo e gemme, senza alcuna maledizione o oscuro potere. Nessuno nella Terra di Mezzo, come invece spesso accade nel mito nordico, può sentirsi giustificato per la sua avidità dall’influsso negativo prodotto dall’ enorme quantità di preziosi. Nonostante questo, occorre arrivare in punto di morte per dare a ogni tesoro il suo giusto valore, solo affacciandosi nell’aldilà anche draghi e re diventano consapevoli che le cose realmente preziose, che hanno avuto un valore vero nella vita, sono ben altre “Se un maggior numero di noi stimasse cibo, allegria e canzoni al di sopra dei tesori d’oro, questo sarebbe un mondo più lieto” afferma Thorin prima di dire addio ai suoi amici. La valenza negativa dell’avidità è indubbia, eppure semplicemente ascoltando la canzone dei nani anche Bilbo resta rapito “Mentre cantavano, lo Hobbit sentì vibrare in sé l’amore per le belle cose fatte con le proprie mani, con abilità e magia, un amore fiero e geloso, il desiderio dei cuori dei Nani”. […] “Pensò ai gioielli dei Nani che scintillavano in caverne buie”.
Lo stesso vale per i draghi, ladri e mostruosi e simbolo per eccellenza di una creatura inesistente eppure “Un drago non è una fantasia oziosa. Quali che possano essere le sue origini, nella realtà o nell’invenzione, nella leggenda il drago è una potente creazione dell’immaginazione umana, ricca di significato più che il suo tumulo sia ricco d’oro”, ci dice Tolkien.
Tesori, draghi, avventure e fiabe per quanto “pericolosi” e frutto della fantasia sono mezzi che consentono la fuga a tutti “i prigionieri innocenti” di una realtà dominata dalle mode e dalla mancanza di punti di riferimento saldi e sicuri . Chi non ha mai desiderato almeno una volta, leggendo fiabe, di poter vedere un drago e magari tornare a casa con una parte (anche piccola) del suo tesoro?” Non dimentichiamoci però che, nonostante quello che possiamo far credere o apparire, siamo un po’ tutti “hobbit” (per fortuna! Direbbe Gandalf) e quindi anche noi, come Tolkien racconta di sé, potremmo concludere ”Naturalmente nel mio corpo pauroso non desideravo averli nei pressi, a turbare il mio mondo relativamente sicuro”.