Colpi d’ascia, spadate, frecce avvelenate. Tutto metaforico, s’intende, ma è quello che sta accadendo nel mondo tolkieniano italiano: insulti, querele, minacce, convegni e contro convegni. Sentieri Tolkieniani, associazione pacifica e decisamente hobbitesca, sta a vedere quel che succede, ma vuole anche capire. Per farlo la Redazione ha intervistato Paolo Gulisano, saggista, scrittore, esperto riconosciuto di Tolkien, nonché collaboratore, testimonial e soprattutto amico di Sentieri Tolkieniani.
Caro Paolo, si è svolto a Roma un incontro nella Sala del Senato del chiostro di Santa Maria Sopra Minerva, organizzato dalla fondazione che fa capo al senatore di Forza Italia Maurizio Gasparri, che introdurrà i lavori, un incontro dal titolo “La guerra di Tolkien”; sottotitolo “cosa accede in Italia al creatore degli Hobbit?” Tu non sei stato fra i relatori di questo convegno, ma vogliamo girare a te, come esperto conoscitore non solo dell’opera di Tolkien, ma dello stesso mondo tolkieniano, la domanda. Cosa sta succedendo?
Stiamo assistendo ad una polemica molto aspra tra diverse realtà del mondo degli appassionati e anche degli studiosi di Tolkien. Una polemica che alla fine non fa altro che riaprire antiche questioni in gran parte estranee alla figura e all’opera del grande scrittore inglese. Questioni cioè di tipo politico e ideologico. Formalmente la vicenda ha origine dalla notizia diffusa in occasione dell’ultimo Salone del Libro di Torino a proposito di una nuova traduzione de Il Signore degli Anelli di John R.R., Tolkien e delle polemiche nate attorno ad essa: che hanno avuto anche un esito giudiziario con la querela sporta da Vittoria Alliata, prima traduttrice in italiano del libro, la quale, nei modi con i quali la notizia della nuova traduzione (non ancora pubblicata) è stata diffusa, ha ravvisato una grave offesa alla sua immagine di traduttrice dell’opera. Le cose, da allora, si sono molto complicate: si è parlato di altri traduttori ed è discesa in campo la cooperativa di scrittori e intellettuali denominata Wu Ming. In particolare Wu Ming 4, al secolo Federico Guglielmi, e ila vicenda ha coinvolto anche l’AIST, il sodalizio nato nel 2014 per volontà dello stesso Guglielmi e di altri cultori della materia.
Un problema di traduzione può diventare l’occasione di quella che ora viene definita “guerra”?
Sarebbe veramente preoccupante se la gente dovesse arrivare a scannarsi per una questione di traduzione. Quando recentemente Salani ha proposto una nuova traduzione della saga di Harry Potter non è scoppiata nessuna guerra, anche se tra i lettori e i critici un certo dibattito- anche vivace- c’è stato. Credo che sia lecito sollevare dubbi e perplessità per il lavoro di Vittoria Alliata, che al tempo in cui tradusse si faceva chiamare Vicky ed era molto giovane. Credo che in tanti che abbiamo avuto occasione di leggere The Lord of the Ring in originale ci siamo chiesti perché- ad esempio- avesse tradotto Orcs “orchetti” anziché Orchi. Tuttavia credo ci sia stato un problema di toni e di stile con cui il lavoro dell’Alliata è stato criticato. Un sarcasmo esagerato e ingiustificato. Tuttavia, si potrebbe dire che questa querelle è semplicemente la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Da qualche anno ormai era percepibile una fortissima tensione tra singoli personaggi del mondo tolkieniano, e tra associazioni.
Qualche esempio?
Ancora una volta uno dei protagonisti di queste tensioni è Wu Ming, e mi riferisco alla sua stroncatura malevola e infondata di un’opera interessante e pregevole come quella di Oronzo Cilli su Tolkien e l’Italia. L’attacco di Guglielmi rappresentava la manifestazione di un’ostilità aprioristica verso uno studioso ben documentato. Nel suo attacco si percepiva un pregiudizio di tipo ideologico e/o consortile, visto che Cilli non è esattamente di estrema sinistra come il Guglielmi e non fa parte del giro dell’AIST. Purtroppo ancora una volta vengono a galla ostilità ideologiche. Ciò è incomprensibile, ed è una grave offesa fatta a Tolkien stesso. Tolkien è un grande autore del ‘900, uno studioso, e come tale ha il diritto di essere trattato, nella consapevolezza che qualunque tema letterario o filosofico dev’essere affrontato evitando provocazioni e intimidazioni, in un confronto tra singoli e anche tra scuole di pensiero. E vorrei sottolineare che nessuno ha il monopolio dell’interpretazione di Tolkien, né l’Alliata, né Wu Ming né De Turris.
La diatriba ideologica in Italia però è di lunga data…
Purtroppo sì. In Italia Il Signore degli Anelli venne pubblicato solo nel 1970, ma non per problemi ideologici. Semplicemente nessun editore voleva arrischiarsi nel pubblicare un libro così ponderoso, dai costi non bassi, che non si sapeva se avrebbe incontrato i gusti del pubblico italiano, considerato scettico e disincantato nei confronti dei miti e dei racconti fantastici. Erano inoltre quelli gli anni dell’impegno sociale della narrativa, e la fantasia sembrava un elemento di colpevole disimpegno, propedeutica al qualunquismo. Alla fine la casa editrice Rusconi lanciò sul mercato Il Signore degli Anelli, e anche nella terra dell’Ariosto e del Tasso il successo fu vasto e immediato, ma a quel punto la critica letteraria ufficiale aprì il fuoco coi mortai, un fuoco di sbarramento che, nelle intenzioni, avrebbe dovuto fare terra bruciata a questo testo sgradito all’establishment intellettuale della Penisola. A Tolkien e alla sua opera furono rivolte accuse tanto maligne quanto infondate: era un libro “di destra”, era un autore razzista e fascista, era narrativa-spazzatura per nostalgici reazionari. Il paradosso clamoroso fu che, mentre a livello mondiale la lettura politica di Tolkien era quella che lo vedeva arruolato nelle fila dell’ecologismo, in Italia la cultura dominante di sinistra lo rifiutò e inventò la leggenda nera del Tolkien “fascista”. Si potrebbe pensare ad un colossale abbaglio, a gente che forse il libro non lo aveva nemmeno letto, ma vista l’acrimonia e la persistenza di queste accuse non si può lasciare il beneficio del dubbio su una eventuale dabbenaggine in buona fede. Tolkien in realtà era quanto di più lontano si potrebbe immaginare dai totalitarismi, compresi quelli fascisti e nazisti. Aveva dato giudizi durissimi sul Nazismo, pervertitore dell’autentico Spirito Nordico antico. Nemmeno aveva mai manifestato alcuna simpatia nei confronti del fascismo, che poteva vantarsi di avere costretto suo figlio John, che studiava a Roma nel 1940 presso il Pontificio Collegio Inglese, ad una rocambolesca fuga dalla Città Eterna per sfuggire all’arresto, come cittadino britannico e potenziale spia di Sua Maestà.
Però ci furono i “Campi Hobbit” (Sic) organizzati dal “Fronte della Gioventù”, il settore giovanile del MSI.
Vero. Con buona pace delle accuse di Wu Ming e altri fatte alla Destra di essersi appropriata di Tolkien, in realtà fu in qualche modo la Sinistra a “regalare” Tolkien al fronte opposto. Peraltro l’opera di Tolkien fu accolta in un ambiente “mutante” dell’estrema destra italiana, quella che faceva capo all’allora giovanissimo Marco Tarchi – oggi autorevole docente universitario – e che stava compiendo un’interessante parabola intellettuale e culturale dalla politica alla metapolitica, passando dalla denominazione di “Nuova Destra” a quella di “Nuova Sintesi”. Quel gruppo leggeva Tolkien in un modo che andava decisamente oltre le categorie della vecchia destra missina. Una Destra, quella italiana, che oltretutto era assolutamente anglofoba: Tolkien era un figlio di quella “perfida Albione” che essa odiava. Il Neofascismo italiano non leggeva in lingua inglese, ed era assolutamente all’oscuro di grandi autori che potremmo collocare nell’ambito del pensiero conservatore o tradizionale, come Eliot o Chesterton. Un esempio? La gaffe clamorosa in cui incorse l’allora giovane professore Universitario Franco Cardini- una delle menti più brillanti di quell’area culturale- che in un suo articolo scrisse che per comprendere Tolkien non si poteva prescindere dal suo essere Sudafricano, Boero e calvinista. Uno sfondone clamoroso (sappiamo bene che Tolkien era un inglese nato all’estero, in Sudafrica, rientrato poi molto presto in Patria, ed era cattolico) che rivela quanto poco si conoscesse Tolkien in Italia.
Cosa spinse dunque la cultura di sinistra italiana a scagliarsi contro Tolkien e a cucirgli addosso l’etichetta infamante del fascista?
A mio avviso non tanto l’antifascismo, che nei confronti di Tolkien come abbiamo visto non aveva senso, ma l’anti-cristianesimo. ’odio per il Medioevo, inteso come tempo e civiltà del cristianesimo, l’odio per i valori cavallereschi, per la fantasia come risorsa umana che guida la ricerca dello spirito oltre le catene della materia: tutto questo animava gli intellettuali marxisti che inneggiavano in contrapposizione alla letteratura realista, ovvero dell’aridità artistica, del vuoto morale, del turpiloquio. A ciò si aggiunse il disappunto nel constatare il grande successo presso i giovani di questo sconosciuto reazionario inglese, che si tradusse in aperta ostilità giornalistica verso questo autore.
Arriviamo al problema dell’associazionismo: qualcuno afferma che le origini remote dell’ostilità verso certi autori che oggi militano nell’AIST derivi da una reazione a quella che fu la politica della Società Tolkieniana…
Io ho fatto parte de4lla STI fin dagli inizi, e parliamo di anni ’90. Feci parte anche del direttivo per diverso tempo. Posso dire che l’associazione poteva contare su membri di ogni estrazione e di ogni idea politica. Certamente il presidente storico, Paolo Paron, era un uomo che non faceva mistero delle sue idee di Destra. A fronte di questo, qualcun altro poteva sentirsi in difficoltà, e la politica intossicò i rapporti. Qualcuno così se ne andò, come il professor Franco Manni, che ho avuto modo di incontrare recentemente e che mi ha dato atto di averlo sempre difeso in sede di direttivo StI. Manni si collocava politicamente nell’area dell’estrema sinistra, ma io difendevo la sua competenza, e il suo diritto di avere delle idee difformi da quelle del presidente. C’erano nella Sti altri intellettuali liberi, e ci fu anche chi, molto prima di Wu Ming, rivolse i suoi strali nei confronti di De Turris, il guru del tolkienismo di destra.
A chi ti riferisci?
Ad Alberto Mingardi, un intellettuale libertario e grande appassionato e competente studioso di Tolkien che tirò a De Turris una botta terrificante dalle colonne di Libero. Eravamo nel 2001. Stava uscendo nei cinema La Compagnia dell’Anello. De Turris scrisse sul Giornale di Berlusconi un pezzo dei suoi, dove prevaleva cioè la lettura sociologica del Signore degli Anelli. Tuttavia, si avventurò anche nel descrivere la trama, e qui fece una scivolata tremenda: scrisse che il problema della storia stava nell’uso cattivo dell’Anello. Qui Mingardi lo massacrò, chiedendogli ironicamente nell’articolo che scrisse quale fosse l’uso buono, se mai ce ne fosse uno. De Turris andò su tutte le furie: era la prima volta che veniva attaccato e dissacrato da Destra, e questo era intollerabile. Chiese a Feltri diritto di replica, fece fuoco e fiamme, scomunicò pubblicamente quel giovane e impertinente intellettuale che aveva osato tanto. Questo episodio ci mostra anche un elemento interessante: nelle beghe tra tolkieniani oltre le differenze ideologiche conta molto anche il carattere e la permalosità dei protagonisti. E anche la vicenda Alliata attuale ne è una conferma.
A questo punto è d’obbligo rivolgerti una domanda personale: ma tu in queste beghe sei mai stato coinvolto?
No. Non sono in guerra con nessuno, se non con il Male. Ho tanti cari amici tra i tolkieniani che scrivono, che hanno associazioni, siti internet . Non credo di avere nemici, anche se so di non essere simpatico a tutti. Abbiamo citato in precedenza De Turris: so che non apprezza e non condivide molte mie posizioni. Credo di essere troppo cattolico per i suoi gusti. Però nelle occasioni in cui ci siamo incontrati ce lo siamo detti in faccia, con franchezza e con rispetto.
E con l’AIST che rapporti hai?
Ho avuto modo nel corso degli anni di conoscere diversi dei suoi membri: come detto con Franco Manni la frequentazione e la stima reciproca esiste dagli anni ’90, anche se poi ci siamo persi di vista. Conosco Roberto Arduini, con cui qualche volta abbiamo scambiato quattro chiacchiere. Invece l’occhio infuocato di Wu Ming non si è mai posato su di me. Non sono degno dei suoi strali! Ecco, direi che- battute a parte- direi che l’atteggiamento dell’AIST nei miei confronti è di indifferenza. Mi ignorano.
Eppure è un po’ difficile ignorarti:hai scritto un numero impressionante di saggi e di articoli non solo su Tolkien, ma su molti altri autori e temi della narrativa fantastica: C.S.Lewis, George Mac Donald, J.M. Barrie, Chesterton, Mary Shelley, Star Wars, Re Artù e i miti celtici, e poi ancora Melville e Moby Dick, Oscar Wilde…Hai scritto più tu da solo che tutti gli autori AIST messi insieme.
Questo non scriverlo se no si arrabbiano! Scherzi a parte, penso che effettivamente un po’ mi snobbino, ma io non me la prendo perché grazie ad Iluvatar non sono permaloso. In tal senso ho avuto modo di leggere qualche giudizio poco lusinghiero nei miei confronti di Claudio Testi, che mi ha definito un semplice divulgatore. Anche in questo caso non mi offendo, perché ritengo la divulgazione un compito importante e persino indispensabile. Quindi: nessuna polemica con Testi. Anzi: mi farebbe piacere rivederlo. E’ una cosa davvero divertente sentire parlare di Filosofia con un marcatissimo accento modenese!
Abbiamo capito che tu non ti riconosci nelle posizioni di una certa Destra, e di una certa Sinistra. Ma tu come la pensi?
La penso esattamente come Tolkien. Credo che i vari protagonisti delle attuali beghe farebbero bene ad andare a rileggersi quello che Tolkien stesso diceva. In una lettera al figlio Christopher del 29 novembre 1943 scrive: “ Le mie opinioni politiche inclinano sempre più verso l’anarchia intesa filosoficamente come abolizione di ogni controllo, non come uomini barbuti che lanciano bombe)- oppure verso una monarchia non costituzionale. Arresterei chiunque usi la parola Stato (intendendo qualsiasi cosa che non sia la terra inglese e i suoi abitanti, cioè qualcosa che non ha poteri né diritti né intelligenza);(…)Governo è un sostantivo astratto che indica l’arte e il modo di governare e sarebbe offensivo scriverlo con una G maiuscola come per riferirsi al popolo. (…)Comunque lo studio adatto all’uomo è solo l’uomo, e l’occupazione più inadatta per qualsiasi uomo, anche per i santi (che almeno non se l’assumevano volentieri)è governare altri uomini. Non c’è una persona su un milione che sia adatta e men che meno quelli che cercano di afferrare l’opportunità. E almeno viene fatto solo ad un gruppetto di persone che sanno chi è il loro padrone”.
In un’altra lettera a Christopher del 1945 profetizza il futuro della società: “Tutto diventerà una piccola maledetta periferia provinciale. Quando avranno introdotto il sistema sanitario americano, la morale, il femminismo e la produzione di massa all’est, nel medio oriente, nell’URSS, nella Pampa, nel Gran Chaco, nel bacino danubiano, nell’Africa equatoriale, a Lhasa e nei villaggi del profondo Berkshire, come saremo tutti felici… Ma scherzi a parte: trovo questo cosmopolitanesimo americano terrificante.” Tolkien come critico della modernità, dunque, del mondialismo, della omologazione massificante, a cui contrapponeva la cultura dell’appartenenza e del radicamento. In una società multietnica e multiculturale come quella della Terra di Mezzo, i piccoli hobbit difendono la loro Contea, il loro piccolo mondo pacificamente rurale e ricco di tradizioni.
Né Destra né Sinistra, dunque?
Era semplicemente un grande scrittore che volle parlare al cuore delle persone per invitarle a non cedere alla tentazione dello scoraggiamento, del cinismo, della bruttezza e del male.
La redazione di Sentieri Tolkieniani
[…] Storia di faide tolkieniane: intervista a Paolo Gulisano […]
Ma quante menate, io credo che tutto nasca dalla scarsa considerazione che per decenni l’immaginario ha avuto presso la nostra èlite intellettuale, che lo vedeva come robetta di poco conto, che fosse Tolkien, Star Wars, i comics, gli anime, poco contava. Io mi ricordo certa supponenza da parte delle vecchie generazioni ma credevo che fosse una cosa superata… Lo dico come patita e cultrice del fantastico, ma anche come persona di sinistra…
Grazie Paolo per l’intervista e voi della redazione per il lavoro che svolgete.
Sì, ma la “contea, piccolo mondo pacificamente rurale e ricco di tradizioni” non esiste e non è mai esistito.
La Contea piace proprio perché è un’idea astratta, una idealizzazione che ha origine nella prima industrializzazione, per contrapporsi alla realtà di povertà, sfruttamento, e disperazione che era propria dei lavoratori inglesi provenienti dalle campagne.
E piace ancora perché le condizioni lavorative attuali stanno assomigliando sempre di più a quelle, specie a causa di una concorrenza globale che impoverisce la classe media.
E poi scusatemi, il femminismo che male fa? Nella magnifica Contea forse le donne vivono bene e pacificamente (beate loro!) ma nel piccolo mondo rurale vero, no, e non potrebbero nemmeno perché gli hobbit non esistono e noi siamo esseri umani.
Con ciò amo Tolkien e la trilogia ma questa è un racconto fantastico distante nel tempo e nello spazio: se si confondono i piani, non è possibile comprendere né il piano fantastico e neppure quello reale.
Non è perché la realtà dev’essere rappresentata da gente brutta, grassa, volgare e popolana alla Pasolini. Alla fine personaggi del genere disgustano tutti. Ma neppure esigere che esistano nella realtà persone come nel signore degli anelli