La mostra “Tolkien. Uomo, professore, autore” è aperta ormai da quasi un mese, e molti sono già andati a visitarla.
Come appassionato e divulgatore di Tolkien, nonchè socio di Sentieri Tolkieniani, credevo fermamente che il miglior modo per valutarla è quello di andarla a vedere. In questo mese ci sono stati molti commenti “a prescindere” sulla mostra che parlavano di tutto tranne che dei suoi contenuti, quindi era essenziale portare una testimonianza diretta di ciò che la mostra contiene.
Spazziamo via subito i dubbi di qualcuno aleggiati in questo periodo: la mostra non contiene alcun messaggio politico. E’ una mostra onesta fin dalla sua presentazione sul sito della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, sede della mostra: rivelare al pubblico l’intersezione armonica tra la vita di J.R.R Tolkien, la sua professione e la sua carriera di autore.
In questo, la mostra ci riesce perfettamente: parte con la vita di Tolkien, ci accompagna in un percorso documentale e fotografico, intimo e sinceramente emozionante, nel quale scopriamo lo svolgersi della vita di Tolkien, ciò che gli accadde, le persone che amò e che perse, i luoghi della sua vita.
Ebbene, per il pubblico che non conosce Tolkien è un modo per scoprire la vita di un autore di cui si sa poco, al di là dei clichè giornalistici ( spesso molto poco informati);ma per chi lo conosce il percorso biografico permette di riflettere, mentre si cammina e si osserva ammirati la quantità di documenti raccolti, su come certi accadimenti della vita abbiano potuto lasciare il segno su di lui e influenzare il suo immaginario. Così, mentre vediamo sotto i nostri occhi la valigia con la quale Mabel Suffield, mamma di Tolkien e del fratello Hilary, partì dal Sudafrica con i due figli senza sapere che non avrebbe più visto il marito ( che morirà nel 1896), ci può venire in mente Gilraen, che dopo la morte di Arathorn, porta via il piccolo Aragorn dalle Terre Selvagge, e va a vivere con gli Elfi a Gran Burrone. Oppure, quando vediamo in foto il mulino di Sarehole, il villaggio dove i tre vissero negli anni successivi, ci passa davanti agli occhi il Mulino dei Sabbioso, nella Contea. Immagini, scene, emozioni, del Mondo Secondario, che sono di certo separate dal Mondo Primario… ma che hanno indubbiamente trovato linfa nel Mondo Reale, come sempre accade agli scrittori ( esperienza personale, garantisco). Molto emozionante, inoltre, è il filmato sulla Grande Guerra, nel quale si racconta del rapporto tra Tolkien e gli amici del TCBS ( Christopher Wiseman, Rob Gilson e Geoffrey Bache Smith), il primo vero pubblico di Tolkien e suoi compagni d’arte- due dei quali, Smith e Gilson, morti in guerra- che tanta influenza ebbero su di lui, e il cui ricordo permane, a mio modo di vedere, nella grande amicizia che lega i quattro Hobbit- numero non casuale- del Signore degli Anelli.
Filmato arricchito dal racconto e dalla voce di John Garth, massimo esperto di questa fase della vita di Tolkien: il suo libro, Tolkien e la Grande Guerra, è un libro fondamentale che mi sento di consigliare a tutti gli appassionati.
La mostra prosegue attraverso la professione di Tolkien: insegnante di lingua e letteratura a Oxford. Qui vediamo non solo emozionanti documenti d’epoca, come per esempio rare copie del Beowulf o dell’Oxford English Dictionary, che Tolkien curò in prima persona o alle quali collaborò, ma anche, in un pannello davvero esaustivo, tutti i volti e le professioni di coloro con i quali si trovò a rapportarsi ad Oxford, come i colleghi E.V Gordon, C.S Lewis, Charles Williams e tanti altri, alcuni docenti che furono fondamentali per lui – come Joseph Wright- e altri intellettuali con i qual si trovò a confrontarsi, tra cui non poche donne, studiose raffinate ed importanti.
Il cuore di questa parte della mostra è, ovviamente, la riproduzione dello studio di Tolkien, fatto davvero nei minimi particolari: qui, per chi ama Tolkien, è davvero difficile non emozionarsi. Ci si ferma davanti a quella sala buia illuminata soltanto da un video nel quale sentiamo Tolkien stesso, in una intervista già nota ma comunque finalmente a disposizione di chi non è così addentro agli studi, spiegare come ebbe origine Lo Hobbit o la differenza tra allegoria e applicabilità in merito al significato delle sue storie. E così, mentre ascoltiamo la sua voce, osserviamo la sedia, lo scrittoio, gli oggetti da lavoro… per un attimo chiudiamo gli occhi. Ed è come se il Professore fosse lì, per un attimo. Credetemi, non è “culto” dell’autore, questo: ma omaggio sentito e sincero alla sua opera e a ciò che ci ha lasciato. Sono da sempre contrario al culto di Tolkien, e ciò che vediamo alla mostra è ben diverso da un certo fanatismo che d’altronde lui stesso detestava: è un atto d’amore verso Tolkien, niente di più.
La mostra prosegue, e si entra nella sala dove sono riportate le tantissime copie dei suoi libri, provenienti da tutto il mondo, assieme a dei pannelli che descrivono i luoghi e i personaggi in maniera divulgativa ed essenziale. La vista di tutte quelle opere è davvero un bel vedere, perchè ci si rende conto di quanto Tolkien sia arrivato davvero a tutti, in ogni parte del mondo, e di come davvero nessuno possa dire “Tolkien è mio e di nessun altro”.
Se Il Signore degli Anelli è letto in Polinesia, come si può ritenerlo comprensibile e “usabile” solo nel nostro piccolo recinto quotidiano? La Terra di Mezzo è davvero di tutti.
Per quanto mi riguarda, in questa parte della mostra davvero ci si può fermare per ore ad osservare ogni singola copertina dei libri; e ho apprezzato molto il fatto che ci fossero anche opere come i Racconti Incompiuti o i Perduti, tra le opere esposte. Qualcuno potrebbe incuriosirsi e scoprire un Tolkien meno noto, attraverso queste opere!
Prima della sala delle illustrazioni, troviamo un corridoio nel quale sono esposte, in grandi pannelli, alcune considerazioni di importanti personalità su Tolkien, come Neil Gaiman, Barack Obama e Papa Francesco, a dimostrazione, ancora una volta, della versatilità dell’opera T0lkieniana; ho apprezzato particolarmente la presenza della dedica di Isaac Asimov- il romanzo Sette Vedovi Neri- a Tolkien dopo la sua morte, a testimonianza del reciproco apprezzamento che i due avevano delle rispettive opere: un ateo e un cattolico che si stimavano, ennesima riprova dell’assoluta libertà della letteratura.
La sala delle illustrazioni è molto ricca, con opere e bozzetti provenienti dai tanti artisti, sia italiani che stranieri; questa parte è importante soprattutto perchè permette di vedere dal vivo per chi non ha la possibilità di andare in musei internazionali, come il Greisinger Museum in Svizzera, opere famose legate a Tolkien, come le bellissime illustrazioni dei fratelli Hildebrand. Così come è importante la parte relativa al rapporto tra Tolkien e l’Italia, con le foto del suo viaggio ad Assisi e le sue considerazioni su Venezia “come Pelargir”, e le testimonianze documentali del rifiuto della casa editrice Mondadori, negli anni Sessanta, di pubblicare il Signore degli Anelli, in quanto opera “troppo nordica”. In questa sezione, i documenti sono esposti senza nessuna considerazione di alcun tipo, il documento si mostra a noi così com’è. Scelta giustissima.
La parte finale della mostra è relativa all’impatto che Tolkien ha avuto sulla società di massa: è sicuramente la parte più “debole” della mostra, nel senso che tutto ciò che vediamo è in una sola stanza, e quindi rispetto al resto della mostra avvertiamo la differenza. Comunque, è stato interessante vedere, più che i poster o i costumi dei vari film, le opere di altri mondi nei quali ci sono riferimenti a Tolkien, come i fumetti di Zerocalcare, gli albi di Tex Willer o il Doctor Who Magazine ( qui il Dottore incontra Tolkien e Lewis!).
Insomma, la mostra è davvero un bel primo viaggio, in Italia, nella vita di Tolkien, nella sua professione e nelle sue opere: ti fa capire bene quanto le tre cose siano connesse tra loro… è un primo passo nella corretta diffusione e conoscenza di quello che è stato Tolkien.
La mia speranza è che questa mostra abbia aperto una strada: una via per raccontare Tolkien in Italia, nella consapevolezza, di cui sono tenace sostenitore, che Tolkien unisce, e non divide!
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